I Working’s Men Club ci spingono, con forza, verso il dancefloor; le loro melodie sono avvolgenti, incisive ed elettrizzanti, ti rapiscono con una sorta di raggio attraente alieno e ti portano verso il centro della pista da ballo che, però, una volta giunti, ci accorgiamo che non è quel luogo così luminoso e solare che pensavamo dovesse essere.
Le taglienti sonorità post-punk esprimono, infatti, in una forma ballabile e irriverente, la necessità di intraprendere un vero e proprio processo catartico, la cui finalità è liberarci da tutte le ansie e le ossessioni quotidiane. Ma tutto ciò non è gratuito e nemmeno indolore, è qualcosa che fa male, che ha le unghie affilate ed il dolore aumenta sempre più, quanto più andiamo a fondo, quanto più scaviamo tra i ricordi e le speranze, in quel miscuglio di passato e futuro che dovrebbe migliorare il nostro presente.
Questo disco, quindi, con il suo synth-pop includente e pulsante, con le sue ritmiche irrefrenabili ed ipnotiche, con le sue ambientazioni più acide ed house, che guardano anche al passato – all’elettronica delle drum machine di Detroit ed ai passaggi più trepidanti ed oscuri dei Kraftwerk – può trasformarsi nella più naturale ed umana via di fuga da questo tempo, così pesante, distopico ed austero. Via di fuga dalle nostre case chiuse e silenziose; case che diventano sempre più piccole ed ostili; case nelle quali tentiamo di non impazzire e di vincere la guerra contro il nostro invisibile nemico virale, ma anche contro la parte peggiore di noi stessi, quella che pensa solamente a sé, quella pronta a negare qualsiasi evidenza in nome del proprio tornaconto personale, quella che pensa di essere un’isola e potersi comportare di conseguenza.
La band inglese tenta, dunque, con la sua frenetica tavolozza di colori caldi, di salvarci dal fatale abbraccio delle fredde ombre della notte, dando vita ad un rave sentimentale che trasforma la claustrofobia in euforia, tentando di ravvivare una visione più ampia e condivisa del mondo circostante; una visione che non può farci che stare meglio, permettendoci di trovare altre forme di energie alle quali ricaricarsi, altre passioni, altre strade, altri obiettivi, altre prospettive che finora non avevamo mai preso in considerazione e che, invece, riescono a farci capire quanto fosse statica e noiosa la nostra vita e come la musica, anche nella sua forma apparentemente più divertente e sfavillante, possa sempre aiutarci a recuperare dinamismo, elasticità, coraggio ed un nuovo punto da cui ripartire.
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