Il bianco, il grigio ed il nero della copertina, con l’elemento acquatico in primo piano – immobile ed indifferente, nonché incurante della condizione umana – ed i palazzi sullo sfondo, con quel loro aspetto malinconico e minaccioso, rendono, alla perfezione, il senso di angoscia, insofferenza e solitudine che stritola le nostre vite, mentre le nostre stesse parole e la nostre richieste d’aiuto restano tristemente inascoltate.
Tutto ciò è frustrante e si trasforma, da un punto di vista musicale, in un miscuglio vibrante di tensione, rumore, feedback e distorsioni che urlano al mondo la nostra voglia di uno sguardo, di un cenno d’intesa, di un sorriso, di qualsiasi cosa possa permetterci di evadere, anche solamente per un attimo, da queste anguste prigioni emotive, rese ancora più vuote, sterili ed insopportabili dai continui lockdown a cui ci condannano le inefficienze e le incapacità delle nostre classi politiche.
L’album dei Girls In Synthesis esprime un pressante ed onnipresente senso d’urgenza, mentre le ritmiche punk si abbattono contro i palazzi in cui ci siamo rintanati, fanno vibrare i vetri delle finestre, battono sulle porte sbarrate, ci implorano di non ridurre in frantumi le nostre esistenze, di non lasciarle sprofondare nel mare calmo della paura e dell’oblio. Quel mare non potrà mai essere la salvezza, sarà solo la nostra definitiva resa.
Non dimentichiamoci del mondo, dei nostri amici, dei nostri affetti più cari, del nostro stesso futuro. Non accontentiamoci degli echi e dei riverberi di ciò che eravamo un tempo, destiamoci e prestiamo ascolto al battito elettrico che oltrepassa i muti di cemento armato e le lastre di vetro; il battito che riesce a raggiungerci nelle nostre stanze buie, entrando in sintonia con lo scorrere del sangue, con il respiro, con i nostri sensi, e che ci sprona a non metter da parte le nostre idee e le nostre passioni e soprattutto a non accettare, ciecamente, il destino che altri stanno decidendo per noi. Le sfuriate della band londinese, le parole sparate come raffiche di mitragliatrice, le ritmiche sporche e minimali, il basso claustrofobico, sono un pugno nello stomaco, un scossa contro il sistema di manipolazione e di controllo dei media, il sistema che vuole solamente impaurirci e fuorviarci, rendendoci suoi meschini complici e suoi fedeli sudditi, incapaci di distinguere la realtà dalle fantasie deviate che ci vengono inculcate quotidianamente da un governo che fa leva sulla mancanza di chiarezza, sulla confusione e sulla disperazione delle persone più deboli, più sole, più marginalizzate e più indifese.
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