Personalmente i concerti amo vederli dal vivo, sotto un palco, in una dimensione in cui la distanza tra le persone non sia la mia prima preoccupazione; sappiamo che ciò ora è vietato, per cui bisogna farsene una ragione, anche se – numeri alla mano – utilizzando i necessari protocolli – sappiamo benissimo che le cause primarie dell’attuale crisi sanitaria non vanno assolutamente cercate nel mondo della musica, che, tra festival cancellati, tour annullati, dischi rinviati, ha pagato e sta pagando un prezzo altissimo.
A questo punto – per i live – si prospetta o la chiusura definitiva ed un “rompete le righe” generalizzato, finché non sarà nuovamente possibile organizzare degli eventi dal vivo, oppure sarà necessario ripiegare sulla soluzione virtuale, la quale permetterà a questo mondo – che non è fatto solamente di artisti e band – di tenere, seppure ad un volume più basso, i propri amplificatori accesi. Vista la situazione, non posso che scegliere, anche se a malincuore, la via dello streaming audio-visivo. Non credo, in verità, che artisti e lavoratori dello spettacolo e dell’intrattenimento potranno recuperare tutto quello che hanno perduto in questi mesi, semplicemente, grazie allo streaming, penso si tratti, per adesso, solamente di un palliativo momentaneo; qualcosa che consenta di dare ancora un minimo di voce e di spazio ad emozioni che, altrimenti, finirebbero per essere soggiogate dal rumore dei media generalisti e nazional-popolari e dalle sterili e vacue polemiche dei nostri inefficienti ed inefficaci politici, rendendoci ancora più soli e più fragili di quello che siamo in realtà.
La musica e l’arte in generale, oltre ad avere la loro giusta valenza economica, hanno, infatti, anche una valenza in termini umani, sociali, interpersonali, empatici che è enorme e dalla quale l’essere umano, per sentirsi completo ed appagato, per sentirsi davvero parte di qualcosa di profondo, non può assolutamente prescindere.
Vada, dunque, per lo streaming, una soluzione che, comunque, tiene fuori il mondo sotterraneo ed accattivante dei locali più piccoli, delle band e degli artisti emergenti, acuendo quell’enorme frattura esistente nel mondo della musica che potrebbe divenire ancora più grossa se i giganti del settore, da YouTube a Spotify, da Amazon a Netflix, dovessero annusare l’odore dell’affare e gettarsi anche nell’organizzazione di eventi musicali in streaming. Al momento, però, non è possibile fare previsioni, nessuno sa davvero quando usciremo da questa crisi.
Di conseguenza i concerti in streaming sono ora l’opzione più immediata e praticabile ed onestamente li preferisco, di gran lunga, alla retorica buonista e mediatica delle esibizioni “da balcone”, a quelle buffonate che sono i talent show, alle dirette social e soprattutto a quella massa di pseudo-politici, pseudo-psicologi, pseudo-virologi, pseudo-opinionisti, pseudo-artisti che brulica, come le mosche attorno ad un cadavere, nel mondo dei social, solo per avere i propri 15 minuti o click di celebrità. Una massa abnorme di pervertiti virtuali a cui non pare vero che la maggioranza delle persone sia costretta ad avere uno stile di vita, nonché dei rapporti sociali, amicali ed affettivi quasi del tutto inesistenti, che per loro sono la consueta, triste, piatta e vuota normalità.
Ho assisitito alla prima serata del Barezzi Festival, in diretta streaming dal Teatro Regio di Parma: premesso che la musica dal vivo mi manca parecchio; premesso che Brunori è una persona eccezionale, oltre che uno dei migliori cantautori italiani attualmente in circolazione; premesso che se fossi stato lì, come sarebbe dovuto essere, sarebbe stato senz’altro più bello; premesso che un luogo, come il Teatro Regio, fa la differenza anche su uno schermo video; premesso che partecipare a questa tipologia di eventi serve anche e soprattutto a lanciare un messaggio sociale e politico; bene, premesso tutto ciò, è stato comunque emozionante e la musica, in fondo, deve essere questo: un flusso di energia capace di emozionare, unire e rendere migliori le persone.
In fondo è tutta una questione di connessioni, di sentirsi vicini anche se, fisicamente, siamo distanti. Buona visione, dunque.
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