In effetti eravamo già distanti, eravamo già soli, eravamo già estranei, eravamo già impauriti; il virus ce lo ha, semplicemente, sbattuto in faccia in maniera diretta, fisica, brutale, violenta ed assordante, facendoci sentire stranieri in luoghi che, un tempo, ci erano familiari.
Le sonorità dei Linda Collins, collettivo musicalmente eterogeneo, si soffermano su quei dettagli che ora ci appaiono desolati ed inermi, li amplificano, li dilatano a dismisura e poi li sminuzzano improvvisamente, dando loro una nuova forma, una diversa consistenza sonora che viene poi scolpita nelle immagini di “Sometimes”; nella volontà di rendere le meditative trame indie-rock, le atmosfere soffuse del brano, le sfumature melodiche di Jackeyd, una vera e propria piega spazio-temporale capace di annullare tutto ciò che è “distanza” e creare dei veri e propri punti di contatto. Punti che, spesso, anche prima che il Covid-19 facesse la sua comparsa nelle nostre esistenze, erano ridotti soprattutto ad un mero scambio di beni materiali, ma c’era poco o nulla di veritiero.
La dimensione introspettiva e intima, a cui danno vita i Linda Collins, riesce a penetrare, con naturalezza, nei luoghi del nostro privato, nelle nostre case che ora non sono solamente rifugi, ma sono anche misura della nostra reclusione forzata, delle nostre vite che arrancano, mostrandoci – senza più veli, ipocrisie e maschere – tutti quei vuoti che nascondevamo dietro sorrisi, buone maniere e comportamenti di circostanza. Quello dei Linda Collins è, dunque, un invito alla vita, ai sentimenti, alle emozioni, alla valorizzazione di quei rapporti, quelle voci, quei respiri, quei momenti, che ci rendono davvero umani.
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