L’ultimo album dei gallesi Islet, uscito a Marzo del 2020, suona come una continua ricerca di equilibrio, innanzitutto tra l’inizio e la fine del nostro viaggio in questo mondo, ma anche tra gli aspetti più materiali e più spirituali delle nostre esistenze; il disco, di conseguenza, mescola continuamente elementi più eterei ed altri più passionali, soprattutto in brani come “Geese” che possiamo considerare il baricentro più meditativo e psichedelico, quello in cui il cielo e la terra sembrano toccarsi.
Le sonorità di questo nuovo remix diventano più rarefatte, l’elemento aereo sembra prevalicare su quello terrestre, ci sentiamo più liberi e leggeri ed avvertiamo, allo stesso tempo, la necessità vitale di mantenere i contatti con il mondo esterno, con tutto ciò che rientra nella nostra sfera affettiva e familiare, di opporci a quello sradicamento feroce dalle nostre tradizioni, dalle nostre abitudini, dai nostri luoghi dell’anima per correre dietro a miti di progresso ed affermazione sociale che, spesso, sono solamente il frutto di imposizioni e costrizioni che provengono dall’alto e che non hanno davvero nulla a che vedere con la nostra storia, con il nostro personale percorso di crescita, con i nostri bisogni primari e la nostra felicità.
La questione non è la tecnologia, non sono i media, non è ciò che succede fuori di noi, ma è soprattutto ciò che avviene dentro di noi, la nostra voglia di mantenerci liberi, critici verso l’esterno, padroni delle proprie emozioni e dei propri pensieri, consapevoli che è necessario trovare l’equilibrio tra la gioia ed il dolore, tra la stessa vita e la morte, tra il giorno e la notte, tra il cielo e la terra.
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