giovedì, Novembre 21, 2024
Il Parco Paranoico

Città del Messico 29.6.86 – Napoli 10.5.87

Nel 1986 la nazionale argentina di calcio si laurea campione del mondo per la seconda e per ora ultima volta; una buona squadra, si dirà, nella quale spicca, ovviamente, Lui, il campione indiscusso: Diego Armando Maradona.

L’86, musicalmente, è un anno abbastanza interlocutorio, escono album buoni, altri decisamente terribili; i primi, in Italia, vengono quasi del tutto ignorati, ampiamente superati, sia in termini di vendite (ovviamente), che di interesse mediatico e di pubblico, dal celebre album “True Blue” di Madonna – il disco di “Papa Don’t Preach”, “La Isla Bonita” ed “Open Your Heart” – o dai nostrani Venditti, Battisti e Ramazzotti.

Eppure l’86 non è un anno così malvagio; è l’anno nel quale vengono pubblicati “Black Celebration” dei Depeche Mode; “The Queen Is Dead” degli Smiths; “Album” dei Public Image Ltd; quel gioiellino che è “Infected” dei The The; quattro album che avrei sicuramente acquistato al volo, ma all’epoca gli ultimi due passano praticamente inosservati, gli Smiths vendettero qualcosina, un po’ meglio andò ai Depeche Mode, ma fondamentalmente niente di che. Eppure “Black Celebration” è un ottimo lavoro, probabilmente, però, ritenuto troppo oscuro e lunare per il solare palato musicale del bel paese, che, sospinto dalle ali della colonna sonora di “Top Gun”, si emozionava soprattutto per il suo amato Festivalbar, per le curve di Samantha Fox, nonché per le svariate hit primaverili ed estive, il cui compito era rendere tutti più spensierati e più ottimisti.

L’86, però, a conti fatti, non fu proprio un anno così solare e spensierato: ad Aprile il reattore numero 4 della centrale nucleare ucraina di Chernobyl esplose ed una nube radioattiva – nel colpevole silenzio delle autorità sovietiche – gettò, successivamente, nel caos e nella paura l’intera Europa.

A fine Giugno, comunque, l’Argentina, come detto, vinse il suo secondo titolo mondiale, consentendo, di conseguenza, a Maradona d’irrompere prepotentemente nella leggenda, soprattutto per quei due famosissimi goal segnati contro gli inglesi. Due goal che possiamo considerare, senza alcun dubbio, i goal più politici della storia dell’umanità; reti che consentirono di estromettere dalla competizione la nazione che aveva combattuto e vinto la guerra delle Falkland/Malvinas, ovvero il disperato tentativo della giunta militare che guidava l’Argentina, all’inizio degli anni Ottanta, di “distrarre” il proprio popolo dalle continue violazioni dei diritti civili, dalla tremenda crisi economica e sociale che stava letteralmente facendo a pezzi il paese e dalle continue scomparse di cittadini inermi ed indifesi, i così detti “desaparecidos”, la cui colpa era semplicemente quella di agire nel nome della giustizia e della libertà. Una piccola, dolce, storica rivincita, che non riportò, certamente, in vita i circa mille caduti da entrambe le parti di quella assurda guerra; non restituì alle famiglie argentine i propri cari torturati ed ammazzati dal regime militare fascista, durante gli anni delle sue dure repressioni; né tanto meno sanò i torti che le popolazioni dell’America Latina avevano nei confronti delle nazioni colonialiste e capitaliste occidentali, ma almeno contribuì a dare un po’ di gioia ad un popolo tormentato che si era sempre contraddistinto per la propria dignità e per la propria passione.

Facciamo adesso un piccolo salto in avanti e passiamo al 1987; un anno che – musicalmente – almeno dal mio punto di vista, non certo per le tristi classifiche italiane di vendita ed ascolto dell’epoca – trovo particolarmente interessante, visto che vede l’uscita di album che ho ascoltato e riascoltato nel corso del tempo: “Darklands” dei The Jesus And Mary Chain; “The Joshua Tree” degli U2; “Kiss Me Kiss Me Kiss Me” dei Cure; “Music for the Masses” dei già citati Depeche Mode”; “Sister” dei Sonic Youth ed infine l’italiano/sovietico “Socialismo e Barbarie” dei CCCP.

Sinceramente avrei scommesso su questi dischi, ma non il pubblico italiano dell’epoca, il quale mostrò, invece, di avere gusti molto diversi: per prima cosa Zucchero e Whitney Houston, poi gli onnipresenti Simply Red, le star americane Prince e Michael Jackson ed ovviamente il buon Vasco con il suo “C’è Chi Dice No”. Agli U2, in verità, andò molto bene in termini di pubblico e vendite, meno agli altri, anche se i Depeche Mode vennero inseriti nella compilation del Festivalbar di quell’anno. Inutile ragionare di una band come i Sonic Youth, erano completamente fuori dai radar mediatici: troppo estranei, troppo alieni.

Intanto Diego Armando confezionava, un anno dopo il primo, il suo secondo capolavoro sportivo e sociale, permettendo alla SSC Napoli di vincere il 1° campionato di calcio della sua storia e dimostrando, sul campo, che anche a Napoli era possibile, se messi nelle condizioni di farlo, arrivare primi; era possibile programmare e raggiungere un obiettivo preciso, senza dover necessariamente chinare il capo e lasciarsi battere dai soliti velenosi e discriminatori luoghi comuni a connotazione razziale, verso i quali, l’Italia di allora, ma in parte anche quella di oggi, si è dimostrata, troppo spesso, colpevolmente superficiale e tollerante.

Gli artisti, gli individui dotati di capacità al di sopra della norma, gli uomini e le donne che riescono a dare voce e sollievo a interi popoli, a nazioni, a città, ingiustamente bistrattate ed umiliate, realizzando, contemporaneamente, quelli che erano i loro sogni e le loro aspirazioni, sono dei campioni.

Il resto non importa.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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