Il Museo della Cultura Pop di Seattle, il MoPOP, ha insignito, per il 2020, gli Alice In Chains del “Founders Award”. Per celebrare l’evento è stato organizzato un vero e proprio tributo alla band, alla sua storia, alle sue canzoni; un tributo che coinvolgesse, ovviamente, il museo, la stessa band nella sua line-up attuale e tutta una serie di artisti, di compagni di viaggio, di amici, chiamati per omaggiare, con le loro parole, i loro ricordi o le loro esibizioni, gli Alice In Chains .
Al di là della bellezza dell’evento in sé, si tratta anche di un modo per poter continuare a coltivare la passione per la musica, per l’arte, per la storia, oltre che raccogliere fondi per questo museo che, ricordiamolo, non ha alcuno scopo di lucro. Un museo dedicato alla cultura popolare contemporanea, che ha un forte legame col mondo della musica rock; basti citare, come esempio, i cimeli e gli oggetti legati a Jimi Hendrix.
L’evento è stato aperto dalle parole di uno dei brani più significativi scritti da Jerry Cantrell, “Your Decision”, che riletto, alla luce dei tempi attuali, suona come una spinta a cambiare, ad uscire dal labirinto di paure che pensiamo sia scontato ed inevitabile, quasi fosse l’unica strada che possiamo percorrere per salvarci, una strada obbligata scelta dal nostro misterioso e silenzioso Dio. Le trame sonore acide e meditative penetrano dentro di noi, affrontano le nostre angoscie, tentano di sollevarci dalle paludi mentali che ci impediscono di essere, noi stessi, lo strumento della nostra salvezza, piuttosto che aspettare, passivamente, che sia il cielo, il destino, un eroe, un padrone, un evento esterno a condurci in salvo.
Intanto, terminato il primo brano dello show, le immagini del 1992, rigorosamente in bianco e nero, si mescolano all’interpretazione di Ann Wilson, la quale offre una sentita e morbida esecuzione di “Nutshell”. L’aria si fa più elettrica, invece, con Dave Navarro, particolarmente ispirato, accompagnato da una band di tutto rispetto formata da Corey Taylor, vocalist degli Slipknot, da Taylor Hawkins dei Foo Fighters alla batteria e Chris Chaney dei Jane’s Addiction al basso, per una tagliente e viscerale versione di “Man In The Box”, uno dei brani più crudi degli Alice In Chains; un brano che sembra cucito addosso a Layne Staley, al bisogno umano di avere quelle risposte che ci consentano di uscire dalla scatola in cui siamo rinchiusi, perché non possiamo più accontentarci, come fanno in molti, di chiudere gli occhi ed andare avanti.
Arriviamo così al momento di Duff McKagan (per anni nei Guns ‘n Roses) e Shooter Jennings che suonano “Down In A Hole”, tentando di riempiere il vuoto con riverberi country, ricordi, echi di quel decennio esplosivo, caparbio, nervoso, ma anche auto-distruttivo, che sono stati gli anni Novanta. “Would?”, frutto dell’emotività di Jerry Cantrell, viene eseguita dai Korn, che, per l’occasione, rendono più fluido il loro muro sonoro, sintonizzandosi sullo spirito che tenta di espandersi, mentre il corpo si sente, sempre più, alla deriva, lasciato in balia dei medesimi errori, delle medesime ansie, di un finale vibrante nel quale la band di Jonathan Davis ringhia la domanda conclusiva, senza trovare, purtroppo, alcuna risposta. L’inquietudine, la tristezza ed il pessimismo vengono, in parte, mitigati dalla calorosa e amorevole cover di “Brother”, affidata al trio formato da Nancy Wilson, Mark Lanegan e Liv Warfield, nel quale le voci degli artisti si stringono fisicamente e spiritualmente tra loro, sembrano prendersi davvero per mano, in modo da costuire una barriera contro tutte le avversità del nostro tempo: il virus, il lockdown, le perdite, il dolore.
I Mastodon, con “Again”, ci spezzano il fiato, polverizzano ogni distanza, sia spaziale, che temporale; non è più una questione di contatti virtuali, ma è un vero e proprio martellare, senza pausa, sulle nostre ferite aperte, cicatrizzandole col tocco sublime del loro metallo incandescente. Per bilanciare l’irruenza della band di Atlanta, Kim Thayl e Shaina Shepherd danno forma e sostanza ad una versione eterea di “It Ain’t Like That”, che si diffonde, calda e suadente, attraverso la rete; è giunto il momento di risvegliare la parte più analogica della nostra anima. Krist Novoselic, sempre in compagnia di Kim Thayil, rivisita “Drone”, sotto lo sguardo attento di Jimi Hendrix sullo sfondo, mentre sul video lo vediamo fissare, divertito, testimonianze dell’epopea grunge della città, dei Nirvana e delle altre band leggendarie dell’epoca. Tra queste band un posto d’onore lo meritano, senza alcun dubbio, i Soundgarden di Chris Cornell; uno dei momenti più emozionanti è quello in cui Lily Cornell Silver, al pianoforte, accompagnata dalla chitarra di Chris DeGarmo dei Queensrÿche, in un riuscito intreccio di passato e futuro, esegue una speranzosa versione di “Black Gives Way To Blue”.
“Nutshell” ritorna nella versione folkeggiante offerta da Maggie Bjorklund e Mark Lanegan, mentre Billy Corgan ci concede una versione acustica ed intima di “Check My Brain”, prima che i Metallica non ritornino, con passo deciso, sulle domande senza risposta di “Would?”. Il finale non poteva che essere affidato nuovamente agli Alice In Chains, ad una dolce, familiare e malinconica “No Excuses”, ma oggi non ci sono scuse, oggi è un giorno speciale.
Comments are closed.