#10) PORRIDGE RADIO
“EVERY BAD”
[Recensione]
Siamo in bilico, dunque, e se ciò, da un lato, può apparire inquietante e ci toglie quei riferimenti che pensavamo fossero indispensabili per sentirsi soddisfatti ed appagati, dall’altro ci permette di non darci mai per vinti e di non accettare, supinamente, tutta la merda che ci piove addosso.
#9) STIFF RICHARDS
“STATE OF MIND”
[Recensione]
Vita vera, in pratica, qualcosa di cui, in questo fottuto e nefasto 2020, ce n’è davvero bisogno. Gli Stiff Richards hanno, a modo loro, senza restarne troppo invischiati e forse senza neppure rendersene davvero conto, anche celebrato il passato, riadattandolo e proiettandolo negli anni a venire ed iniettando nuova linfa cardiaca nella tradizionale struttura intro-voce-ritornello-finale.
#8) SCHONWALD
“ABSTRACTION”
[Recensione]
Abstraction, astrazione. Ed infatti il disco suona come un’immersione in un’altra realtà, più astratta, più rarefatta, più eterogenea, nella quale le sfumature più crepuscolari non sono necessariamente fredde e minacciose, non vogliono per forza ridurti a brandelli, ma ti attraversano, lasciandoti un piacevole senso di tepore ed armonia in tutto il corpo.
#7) SOFT KILL
“DEAD KIDS R.I.P. CITY”
[Recensione]
La crescita folle e sfrenata ha completamente distrutto gli equilibri naturali di cui anche le città erano parte. Nel nome della tecnologia, del benessere e del progresso abbiamo costruito delle prigioni a cielo aperto in cui i più deboli ed i più indifesi hanno pagato sovente il prezzo più alto.
#6) SPECTRES
“NOSTALGIA”
[Recensione]
La nostalgia è una creatura vivente, non è semplicemente un legame con il proprio passato. Ma soprattutto oggi, alle prese con una crisi mondiale che allontana, aliena, isola e divide le persone, una crisi che tenta di distruggere ogni legame di solidarietà, facendoci percepire chi abbiamo davanti come una possibile minaccia per la nostra stessa salute e per la nostra sicurezza, la nostalgia ci consente di non dimenticare ed approfondire ciò che siamo.
#5) TOUCHE’ AMORE’
“LAMENT”
[Recensione]
Una reale testimonianza di speranza; qualcosa che, facendo leva sull’empatia esistente tra persone diverse ed apparentemente distanti, può dare vita ad un argine contro la sofferenza e trasformarsi in una sorte d’iniziezione di positivà in una epoca che – aldilà delle esperienze, più o meno negative, che ciascuno di noi può fare – è caratterizzata da una enorme sensazione di precarietà ed impotenza, sia dal punto di vista politico, che economico e sociale, con l’ombra di un prossimo e lungo inverno di blocchi, chiusure, divieti e lutti alle nostre porte.
#4) WORKING MEN’S CLUB
“WORKING MEN’S CLUB”
[Recensione]
Le taglienti sonorità post-punk esprimono, in una forma ballabile e irriverente, la necessità di intraprendere un vero e proprio processo catartico, la cui finalità è liberarci da tutte le ansie e le ossessioni quotidiane. Ma tutto ciò non è gratuito e nemmeno indolore, è qualcosa che fa male, che ha le unghie affilate ed il dolore aumenta sempre più, quanto più andiamo a fondo, quanto più scaviamo tra i ricordi e le speranze, in quel miscuglio di passato e futuro che dovrebbe migliorare il nostro presente.
#3) MOLCHAT DOMA
“MONUMENT”
[Recensione]
C’è una parte d’Europa nella quale è ancora forte ed intenso il sapore del Novecento, un secolo che è mantenuto in vita, tanto nell’architettura dei quartieri di Minsk, quanto nelle scelte politiche ed economiche che influenzano, necessariamente, la vita delle persone comuni. Tutto ciò si traduce, nella musica dei Molchat Doma, in sonorità minimali e decadenti, in sfumature malinconiche e crepuscolari, in estetica post-punk e no-wave.
#2) IDLES
“ULTRA MONO”
[Recensione]
Senza più alcun riferimento stabile, in un momento nel quale tutte le ideologie politiche del secolo scorso si sono sciolte e tutto è diventato opinabile, precario e transitorio, le persone tendono a chiudersi in sè stesse, a creare confini, muri e barriere attorno quelli che considerano i loro piccoli “villaggi felici”.
#1) FONTAINES D.C.
“A HERO’S DEATH”
[Recensione]
Come pensate possa essere la fine di un eroe? Gelida, vuota, buia, una stretta nichilista lunga circa 47 minuti attorno tutto ciò che pensiamo sia importante, ma che, invece, ha già il non-sapore della morte dentro di sé. Finchè apparterremo alle nostre vite iper-tecnologiche, alle nostre carriere aziendali, ai nostri simulacri social, non potrà che essere così.
Ascolta la playlist e poi dai un’occhiata anche alla classifica 2020 dei 10 Migliori Album Italiani.
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