C’è un’oscurità umana che non ha nulla a che vedere con le tenebre infernali, è più un percorso tantrico e riflessivo che permette alle nostre percezioni più intime di venire fuori, di impattare sul lato più creativo ed estroverso della nostra personalità e dare forma e consistenza reale al soffio della nostra anima inquieta e desiderosa di conoscere sé stessa, gli altri ed il mondo circostante.
Le sonorità di Vlimmer si muovono in un territorio solo apparentemente glaciale e buio, perché sotto le trame ambient, artificiali ed elettroniche, c’è un magma incandescente e luminoso che non aspetta altro che trovare la frattura, la crepa, la ferita, attraverso cui rivelarsi all’esterno, sotto le sembianze di trame, ritmiche e passaggi d’ispirazione shoegaze, gotica e post-punk, che rappresentano, in un certo senso, anche una sorta di legame emotivo tra il presente ed il passato, tra ciò che eravamo e ciò che possiamo diventare, tra ciò che abbiamo fatto e ciò che possiamo ancora fare.
I diversi stili e le diverse espressioni musicali rendono vivi e dinamici i brani; “XIIIIIIII” è un ventre fertile, che rielaborando strutture synth-pop e new-wave, fa sì che un nuovo seme possa germogliare, forte della lezione dei Kraftwerk, dei New Order o degli Ultravox, ma, allo stesso tempo, perfettamente a suo agio nel mondo attuale, nelle nostre metropoli ipertecnologiche ed estremamente fluide, nelle quali sembra esserci sempre meno spazio per le improvvisazioni e per i sentimenti. Tutto, infatti, è così formale, perfetto ed uniformato a schemi e modelli globali che cambiano continuamente, rendendo ogni possibile traguardo incerto, vano ed effimero.
L’approccio seguito da Alexander Leonard Donat, invece, è incentrato completamente sull’uomo e sulle sue nudità, tentando di creare qualcosa che non sia meccanicamente ripetibile e che riesca a sfuggire, per quanto possibile, ai processi produttivi moderni, i quali, invece, tendono a cancellare qualsiasi imperfezione, qualsiasi asperità, qualsiasi difformità, ritenendo che si tratti di errori. Sono, però, proprio questi errori a conferire luce e calore a ciò che stiamo realizzando, oltre che a rispecchiare quella che è la nostra identità, quelli che sono i nostri pensieri, i nostri sentimenti, le nostre idee e soprattutto le esperienze che ci hanno condotto esattamente qui, dove siamo adesso, a fare ciò che stiamo facendo adesso.
Comments are closed.