giovedì, Novembre 7, 2024
Il Parco Paranoico

Caring Abut Something Utterly Useless, FLeUR

Oggi, la società, i media, noi stessi, parliamo, spesso, di felicità, finendo per essere sommersi da una serie abnorme di obblighi, di impegni, di appuntamenti, di ruoli e di menzogne. Le giustifichiamo perché le riteniamo fondamentali per la nostra crescita professionale e per il raggiungimento di quelli che riteniamo essere i nostri obiettivi; per sentirci appagati, potenti, importanti, soddisfatti, credendo che la felicità sia tutto questo, tutto quello che riusciamo ad ottenere, a conquistare, a comprare e poi gettare via. Ma la felicità non è così complessa e strutturata, anzi è l’esatto contrario; è la leggerezza di una vita semplice e sostenibile, è un orizzonte minimale e rarefatto, come l’elettronica romantica, suadente e malinconica dei FLeUR, le cui ambientazioni sonore ci permettono di riscoprire la quiete, il cielo e la terra, gli spazi liberi, il vuoto, la carta ed il legno, tutti quei sapori e quei profumi che, ormai, sono stati travolti dal progresso e dalla esasperante tecnologia dei tempi moderni e perciò ritenuti inutili.

Ma, precisamente, inutili per cosa? Per generare profitto, per accrescere il proprio potere personale ed amplificare la già immensa considerazione di sé, per costruire tutte quelle immagini false e quei miti inesistenti con i quali tentiamo di vincere la solitudine. Il duo italiano ci riporta verso una dimensione più intima ed essenziale, nella quale ci ritroviamo immersi in tutte quelle piccole cose, spesso banali, che ci fanno stare bene e che prendono la consistenza di trame ambient strumentali ed ipnotiche, di sonorità di matrice psichedelica, cinematica e post-rock dotate di un enorme potere terapeutico, in quanto ci offrono appigli solidi e veritieri ai quali aggrapparci e resistere all’onda d’urto dell’accumulo, del possesso, dell’eccesso che ha travolto il nostro mondo.

“Caring Abut Something Utterly Useless” scorre, invece, senza alcuna fretta; libera il corso delle stagioni dalla frenesia e dal caotico inseguimento di numeri e posizioni; si innesta in ogni fessura, in ogni lacerazione, in ogni trauma che il recente e forzato isolamento ha prodotto nelle nostre menti assuefatte.

Il dolore e la sofferenza vanno accettati, ma la musica può farci sentire meno soli. Perché? “Perché sei un essere speciale, ed io, avrò cura di te”, cantava Battiato in “La Cura”, parole che si adattano alla perfezione alle divagazioni strumentali dei FLeUR, alle loro dilatazioni spazio-temporali, alle visioni che la loro musica riesce ad evocare in ciascuno di noi. Dalle astrazioni spettrali di “The Lowest Tide” fino alle oscurità celate in “The Highest Tide”, l’unico brano con parti vocali, passando per il triste addio cosmico di “My Battery Is Low And It’ Getting Dark”, per la burlesca raffigurazione dell’egocentrismo umano di “For Pierre Brassau” o per le visioni cinematografiche che si susseguono in “Narcissus’ Scream”. A questo punto, dunque, non ci resta che sciogliere i nodi e intraprendere il viaggio nella nostra stessa coscienza, sospinti solamente dalla corrente dei nostri pensieri e delle nostre emozioni.

Like this Article? Share it!

About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

Comments are closed.