Le sonorità indie-folk di “Echo” graffiano l’anima, sono intrise di quell’amore profondo che ti rende, allo stesso tempo, fragile ed indistruttibile; un amore che vive anche di memoria e di ricordi, un amore che è il seme di speranza capace di germogliare nel vuoto più profondo dell’assenza, in quei freddi deserti di silenzio e solitudine nei quali spesso ci smarriamo, aggrappandosi, con tutto sé stesso, a quella dolorosa e piacevole ninna-nanna che continua a risuonare nelle stanze più recondite ed irraggiungibili della nostra mente.
Queste canzoni, con le loro trame eteree e rarefatte, con la loro indomita e convinta leggerezza, riescono a penetrare in qualsiasi ferita, il loro obiettivo è dare il via a quel processo di ricostruzione e guarigione che, un domani, ci permetterà di intraprendere nuovi rapporti, di recuperare ciò che avevamo rotto, di utilizzare il nostro passato come la chiave per leggere il futuro e non più come una dimensione ideale e fittizia nella quale scappare e rifugiarsi quando il nostro presente non ci piace e ci sentiamo sopraffatti dalle delusioni, dall’ansia o dai sensi di colpa.
La cantautrice australiana rovista, senza alcun timore, nel proprio insconscio, tra le proprie esperienze personali, trasformando le ombre in un flusso di emozioni sonore di matrice pop-blues che non si limitano ad essere solamente delle accattivanti melodie, ma che penetrano nella carne viva, accarezzano il lato più oscuro, selvaggio e brutale della nostra personalità, rievocano paesaggi e sentimenti che avevamo messo, più o meno consapevolmente, da parte, e li bruciano per sciogliere il ghiaccio che imprigiona le nostre vere passioni. Intanto le parole diventano sussurri carichi di tensione e creatività, il cui scopo è quello di guidarci nel buio più profondo della notte; quella notte che nel disco è rappresentata come una creatura familiare, una sorella silenziosa che ci accompagna lungo tutto il cammino della nostra vita. Non ha senso, dunque, averne paura; non ha senso combatterla; non ha senso fuggire via; così facendo rischiamo solo di perdere di vista le stelle, sprecando il nostro prezioso tempo a costruire muri, limiti e difese che non faranno altro che renderci più schivi, più alienati, più deboli, negandoci quell’amore che, invece, potrebbe renderci completi, forti ed appagati.
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