Nel corso dei millenni gli esseri umani hanno sentito il bisogno di dare vita a creature leggendarie, animali fantastici, risultato, a volte, dell’incrocio tra specie realmente esistenti. Alcune sono state rese celebri dall’enorme diffusione dei racconti e dei miti che le vedevano protagoniste, altre, invece, sono rimaste semisconosciute e legate solamente ai propri luoghi di appartenenza: è il caso di questa creatura, metà cane e metà cervo, che si narra vivesse sul monte Cancervo, montagne delle prealpi Orobie, che la band italiana, originaria proprio di questi luoghi, ha voluto omaggiare ed evocare.
I miti, queste fantastiche creature, i racconti che ne tessono le gesta, sono qualcosa di molto profondo, celato nel nostro stesso inconscio, che racchiudono in sé esperienze originarie e rivelazioni alle quali le popolazioni antiche davano la forma di demoni o di divinità. Ma, in fondo, se guardiamo davvero dentro di noi, quegli spettri e quelle ombre, quelle percezioni e quelle emozioni primordiali, che erano – per gli antichi – responsabili della nascita degli stessi déi, per noi, donne ed uomini moderni, sono ciò che definiamo fobie, ossessioni, nevrosi e persino malattie.
Le sonorità dei Cancervo sono, allo stesso tempo, fluide e massicce, intrise di stoner e psych-rock, aprono una frattura nel mondo apparente; una frattura fisica e mentale attraverso la quale le ritmiche ipnotiche, i taglienti riff di chitarra, le pulsazioni elettriche irrompono in quel substrato oscuro nel quale risiedono gli antichi déi, le creature mitologiche, i nostri incubi, gli aspetti più irrazionali e selvaggi della nostra personalità, quelli che, spesso, definiamo istinti o passioni.
La Musa strumentale dei Cancervo esplora una geografia conosciuta, quella della propria valle e delle proprie montagne, ma la espande verso il cosmo e la rende universale, capace di catturare l’attenzione di ciascun ascoltatore, proprio come, in un tempo ormai remoto, avrebbero fatto i versi dell’Iliade. Per gli antichi Greci, infatti, il poeta – l’artista – non era il creatore, ma colui che era in grado di ascoltare la vera voce della natura e dell’universo, nonché la presenza e l’azione delle forze mistiche che pervadono il Creato, dando così, anche agli altri, la medesima possibilità, ovvero quella di permettere all’essere umano di interagire col divino del mondo. Ed è questo lo stesso alone mistico e fascinoso che riveste i sei brani di questo disco, una densa e robusta cavalcata, che è anche un omaggio alle trame progressive rock degli anni Settanta e ai Cream di “SWLABR”, verso il mito che arde indomito ed eterno in ciascuno di noi.
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