Le cinque canzoni di questo EP sono pervase da atmosfere lunari, nelle quali il tempo è sempre più rarefatto e diluito, le proporzioni geometriche si deformano e vengono meno, facendo sì che i dettagli diventino enormi e sfocati ed alla fine inglobino tutto quello che ci sta attorno.
Le melodie minimali dei “Torre Di Fine” mescolano elementi umani ed artificiali, battiti cardiaci e ritmiche elettroniche, linee vocali e drum machine, disegnando un mondo intimo e crepuscolare, nel quale i nostri sentimenti vengono lasciati alla deriva, in balia delle casualità e dei formalismi dispotici di questa rete globale di informazioni che avvolge ogni aspetto delle nostre esistenze. Sappiamo di sbagliare, sentiamo il bisogno naturale e primordiale di esprimerci liberamente, di dover ascoltare quelli che ci sono vicini, di sollevare il velo di malinconia che riveste le nostre giornate, ma non ne siamo capaci; le interferenze esterne sono così feroci e dirompenti, che preferiamo nasconderci nelle nostre piccole, grandi ossessioni, nei nostri abusi fisici e mentali, nelle nostre disfunzioni affettive, pagandole, purtroppo, a caro prezzo.
Questo mondo di analfabetismo emozionale va necessariamente rallentato, ri-arrangiato in base a quelli che sono i ritmi della vita e delle stagioni; le nostalgiche e tenui sonorità slowcore della band veneta non sono una resa, bensì sono un argine sentimentale contro l’accecante e caotica luminosità della società digitale e post-industriale. Questa luce non serve a vederci meglio, non serve a distinguere le persone, ma serve solamente ad accecarci, a spingerci tutti in una stessa direzione, come degli automi senza più alcuna memoria di sé.
Dietro le progressioni lente, le dilatazioni acustiche, l’amorevole torpore della notte, il suo buio misericordioso, c’è, dunque, la volontà di riconquistare il controllo, di dettare nuovamente i tempi, di scegliere non solo in base a degli istinti meccanici, ma anche in base al nostro passato e a ciò che speriamo e desideriamo per il nostro futuro. Questi brani, infatti, guardano alle ambientazioni strumentali degli anni Novanta, ai Low o agli Slint, ma le proiettano nel nostro presente, innestandovi una buona dose di oscurità ed emergenza, senza, però, rinunciare alla consapevolezza delle proprie autonome scelte, alla lucidità dei propri arpeggi, alle parole sussurrate verso l’esterno, alla volontà di non farsi né vincere, né sfruttare, né imprigionare nella solitudine e nelle paure del domani.
In uscita su winterinvenice.
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