“Stranded In The Green”, sin dall’iniziale e mistica invocazione a Pan, signore dei campi e delle selve, creatura brutale e selvaggia, ma anche generosa e bonaria, caratterizzata da una potente connotazione sessuale e passionale, suona come un invito a superare i limiti artificiali imposti dalla società post-industriale di cui siamo parte e ritrovare la purezza delle origini, quella comunione con la natura che è in grado di rendere più intense le nostre percezioni sensoriali, più chiara la voce primordiale dei nostri istinti, nonché di rendere nuovamente riconoscibile quel filo sottile che attraversa l’intero Universo, connettendo gli esseri umani tra loro e con il mondo circostante, dagli organismi invisibili fino alle costellazioni più remote.
“Super Natural” è pervasa da un’atmosfera lunare: Pan intende conquistare l’anima ed il corpo della dea Selene, dando vita a trame sonore che inglobano elementi ed armonie antiche, d’origine orientale, in un background magmatico ed esplosivo di matrice psichedelica. Hard-rock, space-rock, heavy blues, krautrock assumono la forma di un inno rituale che è tanto diluito ed armonioso, quanto sostanzioso e tortuoso, in una sorta di cammino di ricerca, conoscenza e sperimentazione, il cui scopo è liberarci da tutti gli appesantimenti, le ossessioni, le necessità con cui veniamo intrappolati in un loop meccanico di compiti, impegni, obblighi, ruoli che non hanno nulla a che vedere con quella che è la nostra vera natura, con l’eterno scorrere delle stagioni, con l’immensità del cielo notturno, con l’argento vivo delle stelle, con quelle forze creatrici e distruttrici che nessuna tecnologia, per quanto complessa, nessuna scoperta scientifica, per quanto innovativa, riusciranno mai ad asservire alla nostra volontà ed al nostro sterile individualismo.
Da ciò nascono un senso di impotenza e di sconforto che non fanno che aggravare ancora di più la situazione attuale, già dominata da chiusure forzate, lockdown più o meno generalizzati ed un grande senso di vuoto, fragilità ed isolamento. Ma Luis Simões, in questo modo, ha la possibilità di mostrarci l’unica possibilità che abbiamo per salvare il nostro spirito ed il nostro corpo, nonché la nostra mente e il nostro cuore, e cioè quella di ritrovare la sintonia con i ritmi della natura, imparare a rispettarli, lasciarsi conquistare dalla loro cruda bellezza ed immergersi completamente nelle atmosfere fluide ed accattivanti di “Butterfly Collector”. Solo così, ovvero prestando ascolto a ciò che ci circonda, riusciremo a trovare una strada che sia più sicura, più luminosa, più rispettosa del Creato e quindi anche di noi stessi che, come ha mostrato l’attuale pandemia, ne siamo parte e non possiamo continuare ad agire in modo egoistico come se ne fossimo i soli padroni, perché non è assolutamente così e questo disco, se mai ce ne fosse ancora bisogno, ce lo rammenta in ogni singola nota, in ogni suo passaggio più crepuscolare, in ogni piega asintotica dei synth, in ogni singolo assolo, in ogni improvvisa increspatura ritmica.
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