Che gli ultimi mesi siano stati solo la punta malata e virulenta di un iceberg di scelte e compromessi sbagliati, in un intreccio nefasto di politica, economia, lavoro e quella mole spaventosa di dati ed informazioni, spesso fasulle, veicolate dalla rete globale, è ormai sotto gli occhi di tutti. Il disagio del pianeta è diventato, in pratica, la nostra colpa da espiare; una colpa, che, di generazione in generazione, è arrivata sino a noi, nel 2021, mostrandoci quanto fossero frustrate ed aride le nostre vite e quanto, in fondo, anche la nostra esistenza, nell’epoca del progresso e della tecnologia, fosse un’esistenza con poche aspettative; un’esistenza nella quale le persone erano costrette a rinunciare ai propri sogni ed alle proprie passioni, nel nome del facile accordo, di una veloce rete in fibra ottica, di una carta di credito revolving ed una infinita serie di rate e conti da saldare.
L’approccio dei Bodoni, band bolognese, è, di conseguenza, molto più presente, vivo ed attuale di quanto si possa credere: le caustiche, febbrili e spigolose sonorità grunge e hard-rock che pervadono “Domestik Violence” sono il terreno fertile in grado di assorbire e far germogliare, sotto un’altra più attraente e coinvolgente forma, tutte le nostre piccole e grandi delusioni, i drammi familiari, la solitudine, le ossessioni, la perenne fame di verità e di giustizia che, purtroppo, i nostri modelli politici, sociali ed economici di riferimento non riescono e non vogliono intercettare, preferendo proporci, invece, facili nemici da combattere, finti contratti di felicità, un’idea effimera e superficiale di bellezza che fa leva, ancora, sul celebre e triplice dogma, ideato alla fine degli anni Ottanta, dai CCCP: “produci consuma crepa”.
E se tutto questo non ci piace ci sono tanti altri modi con cui zittire la nostra voce interiore ed i nostri stessi pensieri, ci sono altre droghe, altre forme di assuefazione, altre giornate che affogano nell’Oxamyl. Non esiste, dunque, un grunge di prima ed uno di dopo, è solamente una questione di sensibilità, di anime che si sentono minacciate ed in pericolo permanente, consapevoli del fatto che qualcuno – là fuori – vuole solamente piegarle, sfruttarle e controllarle. Ed oggi, in un mondo che non ha più alcun centro e nessuna periferia, è sufficiente qualche click, il copia-incolla giusto, una foto ad effetto, un hashtag, un commento, un pollice in alto, magari qualche milione di finti followers ed il gioco è fatto. “Influencer Influenza” urla il nostro dissenso, portandolo all’esterno; dona forma concreta a quei demoni che ci rubano il tempo, che ci costringono a sprecare le nostre migliori energie e che abbruttiscono e deformano le nostre vite, riducendole ad un miscuglio di rabbia ed apatia, che non può che condurci verso quella brutale e selvaggia pazzia di “Lipstick”, la quale trasformandoci in creature incapaci di amare, ci sprona a compiere la metamorfosi finale e distruttiva, quella da vittime ad aguzzini.
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