“Norwegian Gothic” è il bilanciamento finale dell’equazione esistenziale di ciascuno di noi, è la sintesi di tutte le passate esperienze, una sorta di flashback su tutto ciò che c’è stato prima. Giunge per chiunque, infatti, prima o poi, il momento nel quale si è costretti a guardarsi dietro, soprattutto quando dinanzi a noi c’è un baratro, una prova, una scelta che potrebbe rivelarsi fatale.
Potremmo farci prendere dallo sconforto o dalla rabbia, dalla tristezza o addirittura dalla violenza, ma ciò non cambierebbe assolutamente il corso del destino; la band norvegese, memore delle proprie esperienze passate, dei rischi vissuti in prima persona, delle scelte compiute, dei momentanei addii e degli improvvisi ritorni, ci sprona a trasformare ogni momento, anche quelli più negativi nei quali siamo costretti a guardare negli occhi la fine di quello che è stato finora il nostro mondo, in uno spunto, in uno stimolo, in una testimonianza, in un atto di fiducia, in un messaggio da lasciare agli altri.
Messaggio che gli Årabrot esprimono lasciandosi pervadere da atmosfere e sonorità che richiamano il rock alternativo degli anni Novanta, ma anche una malinconica e scintillante new wave, oltre che le romantiche ed attraenti inquietudini del rock più gotico e decadente.
Il risultato è questo disco dinamico che mescola, efficacemente, momenti più melodici ed altri più distorti, momenti più impegnativi ed altri più frivoli, iniettando vitalità e sostanza nelle trame lunari di “Carnival Of Love”, una sorta di spina dorsale dell’album, dalla quale si dipartono le armonie sintetiche ed artificiali di “Rule Of Silence”, un appeal oscuro che ricorda i Depeche Mode, le pulsioni teatrali e appassionate di “Feel It On”, i bassi cupi e corposi di “The Lie”, le ritmate incursioni dance di “The Crows”, le parole vibranti di “The Voice”, fino ad arrivare alle ossessioni e ai tormenti di “Hallucinational”.
Un progetto, quindi, che è eterogeneo ed anche abbastanza lungo, ma che rimane coeso e compatto, in quanto le diverse stratificazioni sonore hanno alla base una volontà precisa: lasciare quella che è la traccia, più veritiera possibile, delle proprie esperienze musicali ed esistenziali, bilanciare l’equazione e non aver alcuna paura nell’affrontare la fine, nel partire alla ricerca di nuovi stimoli o nell’accettare il momento del ritorno a casa.
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