La cultura globalizzata, imposta dalla rete virtuale delle informazioni, ha letteralmente “ucciso” la morte, l’ha dirottata altrove, allontanandola dalle nostre case e dalla nostra quotidianità e trasformandola in una sorta di tabù. Sembra che essa non ci riguardi più, che riguardi sempre e solo gli altri; eppure, un tempo, essa ci era sempre vicina, ci aiutava a ricordare le nostre origini, ci permetteva di apprezzare le nostre stesse vite e, in un certo senso, ci offriva conforto nel momento definitivo dell’abbandono.
L’oscura signora era, dunque, una figura fragile e familiare, fondamentale per poter elaborare un lutto, offrendoci – attraverso i suoi riti, le sue invocazioni, le sue danze, i suoi canti, le sue preghiere e le sue lacrime – quel consolo, attraverso il quale poter continuare a vivere.
“Oh Maiden”, brano estratto dall’ultimo lavoro (No Destroyer EP) di Julinko, mediante la rappresentazione visuale concepita da Samantha Stella, si riappropria di questo legame antico con un passato puro ed ancestrale. La leggerezza ed il tepore del canto di Julinko, il morbido e poetico fluire delle immagini catturate da Samantha, il loro inquieto nitore, raccontano una vicenda umana estremamente triste e drammatica, quella di una ragazza che muore poco prima del suo matrimonio. Ma il suo canto funebre, nonostante la gravità atroce della fine, nonostante la dolente solennità di una passione che si spegne, senza mai esser stata realmente vissuta ed assaporata, si trasforma in una fenice di conforto, capace di risorgere dalle ceneri estreme della morte; una morte che le immagini liberano dal suo aspetto più epico, più mitologico, più oscuro e più orrorifico, affinché essa possa assume l’aspetto naturale ed amorevole di questa melodia floreale ed eterea, la quale penetra dentro di noi, rende fertili le nostre coscienze intorpidite e diventa parte della nostra storia, facendo sì che la fanciulla brilli per sempre.
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