L’incipit strumentale del tema iniziale ci apre le porte di un mondo oscuro, quello del nostro inconscio, per un viaggio nel quale i nostri compagni di peregrinazione sono le ombre dei nostri ricordi passati, di tutti i progetti che abbiamo disatteso ed abbandonato, delle delusioni e delle paure che non siamo mai riusciti a sconfiggere ed abbiamo preferito, di conseguenza, che si trasformassero in fantasmi e restassero qui, laddove avremmo cercato di dimenticarle. “Ninotchka – Tema”, attraverso il suo omaggio sonoro a Jaques Lacan, ci sprona a intraprendere questo nostro pellegrinaggio oltre noi stessi, oltre la nostra stessa fine, in questa dimensione primordiale, pura e crepuscolare, utilizzando la musica come mezzo di trasporto, come forma di comunicazione, come stella polare.
I bassi profondi, le rarefatte trame elettroniche, le sonorità trip-hop intrise di affascinante nostalgia ci permettono di scrutare e scandagliare, con rinnovata fiducia, le acque torbide di quei traumi e quelle ferite che non sono mai, davvero, guarite.
Acque di un mare le cui onde assumono la forma di un flusso liberatorio di pensieri, mentre i sintetizzatori di “Mare Crudele” permettono alle nostre emozioni più elementari di ritornare a galla, di diventare un appiglio cui aggrapparsi per non affogare, perché il mare può essere un compagno benevolo ed amorevole, ma può anche lasciare che la sua parte più distruttiva, più crudele e più rabbiosa prenda il sopravvento.
La melodica dolcezza di “Scegli” ci consente di riprendere fiato e recuperare una leggerezza che avevamo quasi scordato di possedere, prima che le atmosfere cinematiche ed indietroniche della title-track ci mettano dinanzi al fatale specchio del tempo; questa regressione temporale – espressa anche grazie a ritmiche e cadenze che ricordano la musica sintetica degli anni Novanta – ci permette di alleviare il peso del presente, di accettare ciò che abbiamo attorno, di esplorare e comprendere meglio quella che è la nostra vera identità, quella nostra casa che non esiste, perché, in fondo, la nostra casa è l’essenza ultima di questo viaggio, è un’altra idea, un’altra prospettiva, un’altra ispirazione, un’altra domanda a cui sentiamo di dover dare una risposta. O, almeno, dobbiamo provarci.
Intanto “In Nessun Posto”, accompagnata dalla commovente puntina arrugginita che si muove sul vinile e dalla voce sacra ed abissale di Emidio Clementi, diventano un atto di fede, il mistico bagliore da seguire nel buio dei nostri giorni; giorni pericolosamente identici l’uno all’altro, giorni spesi dietro ai miraggi materialistici di quel triste consumatore con il quale, questa società ed i suoi modelli politici, sociali ed economici di riferimento, tentano di sostituire ogni essere umano, i suoi sogni, le sue passioni.
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