Viviamo una lotta continua tra ciò che desideriamo e ciò che, invece, riteniamo – spesso subendo influenze esterne – sia meglio per noi. Ed intanto le nostre “oscillazioni emotive”, le nostre differenti capacità di amare ed empatizzare, contribuiscono a definire quello che è il nostro grado di soddisfazione, di appagamento, di “salute” spirituale. Ma quante diverse tipologie d’amore entrano ed escono, continuamente, dalle nostre vite, in una sorta di loop cosmico nel quale la fine di un processo, di un sentimento, di un rapporto, di una stagione, persino di un’esistenza, consentirà a nuovi processi, a nuovi sentimenti, a nuovi rapporti, a nuove stagioni, a nuove esistenze, di rinascere dai resti di ciò che abbiamo desiderato, costruito, amato e “consumato”?
Le trame cinematiche degli Starship 9 offrono – in questi quattro brani che costituiscono il loro nuovo EP “Hot Music” – prospettive differenti di quello che è il nostro attaccamento, il nostro legame empatico e sentimentale con un semplice luogo, con una professione, con un’altra persona, mescolando il magnetismo ormonale di una attrazione fatale con la sincerità di un legame affettivo libero dagli interessi più materialistici, oltre che con quella indefinibile malinconia connessa allo scorrere del tempo. Una malinconia che ci rende, apparentemente, più fragili, ma che ci apre le porte di un mondo di profumi e di sapori, di riflessioni e di stati d’animo che, in passato, non riuscivamo a percepire, concentrandoci solamente sui nostri bisogni e desideri immediati ed estremamente passeggeri.
L’EP si apre con “Roma Inferno e Paradiso”, che è sia un tributo al cinema poliziesco all’italiana degli anni Settanta, sia la dichiarazione dell’amore sofferto e contraddittorio nei confronti della propria città. Un amore che un po’ ricalca le atmosfere morriconiane di quei mitici film, con eroi generosi ed onesti, poco inclini al politicamente corretto e agli ipocriti moralismi che dominano i tempi attuali e soprattutto liberi dagli schemi e dai compromessi che, purtroppo, limitano le nostre scelte. Quei comportamenti, tutto sommato, erano motivati esclusivamente da un senso di giustizia superiore, vissuto come fosse una missione, e ci rammentano i giorni più spensierati della nostra gioventù, nonché una città che ricordiamo fosse più pura, più includente, più semplice da essere vissuta, più genuina. Il bisogno di purezza e sincerità di queste atmosfere retrò e strumentali si trasforma nella melodica leggerezza di “Maya Girl”, espressione dell’amore più disinteressato che possa esistere, quello di un genitore per la propria figlia, mentre la successiva “Favourite Woman” spalanca le porte alla passione, seme per un futuro più completo e soddisfacente, ma anche ultimo passo prima che il vuoto risucchi tutto ciò che abbiamo provato e vissuto. Che ne sarà di noi?
Il brano, accompagnato dalla suadente voce di Marjorie Biondo, combatte contro il tempo, pur sapendo che si tratta di una lotta assolutamente impari, il cui epilogo è già stato scritto. Nell’ultimo brano, “Lights Out”, i due artisti romani esprimono semplicemente sé stessi, la loro arte, la loro professione, la loro sensibilità, la loro missione emotiva, scegliendo una dimensione più diluita, sognante ed elettronica, nella quale le esperienze del passato e le speranze celate nel futuro trovano, per 3:46 minuti, una preziosa e fiduciosa sintonia.
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