Le trame indie-folk e diy di “Wrong Nature” richiamano il calore analogico, la purezza e l’ingenuità musicale degli anni Novanta; sono intrise di atmosfere cangianti, variopinte e suadenti che ci spingono verso gli orizzonti spirituali e psichedelici delle band acid-folk tipiche degli anni Sessanta, senza perdersi, però, completamente tra “gli alberi di mandarino e i cieli di marmellata” della splendida Lucy In The Sky e senza trasformarsi, di conseguenza, in una mera riproposizione di emozioni, di sentimenti, di modelli e di idee che sono state ampiamente indagate, assimilate, assaporate e processate negli ultimi decenni.
C’è, invece, nell’intro e nelle sei canzoni che costituiscono questo EP, una strisciante inquietudine di fondo, legata soprattutto al contesto storico e sociale nel quale i brani sono stati concepiti. Contesto temporale che è quello del recente lockdown; di un tempo che, improvvisamente, si svuota di ogni suo contenuto frenetico e caotico ed inizia a scorrere sempre più lentamente, mentre il flusso di queste giornate tutte uguali, con il loro deprimente carico di morte e di sofferenza, ci permette di ritornare ad ascoltare la voce della natura e di ritrovare quelle che sono le nostre radici e soprattutto la nostra vera identità.
Ed è così che le vecchie passioni ed influenze diventano un bagliore in questa notte profonda, una sorta di stella polare verso la quale il navigatore solitario Roberto Andrés Lantadilla aka Kiwi666 dirige la sua minuscola barca, nel tentativo di ritrovare una connessione tra l’intimità dei propri pensieri ed il mondo esterno; tra quella dimensione onirica nella quale, a volte, tentiamo di rifugiarci e la cruda e violenta realtà; tra la sobrietà delle sue melodie quasi sussurrate e la voce spezzata delle nostre metropoli, divenute, da un giorno all’altro, tristi, vuote, fredde e silenziose. In questa terra di mezzo, in questo tempo senza tempo, infatti, il rischio è quello di alienarsi e sprofondare nell’apatia e nel passato; queste armonie, invece, intrise di pop e libertà, ci permettono di non dimenticare quello che siamo, la nostra umanità e la nostra capacità di relazionarci e “sentire” gli altri.
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