Le sonorità eterogenee di “Lower Automation” fanno sì che il disco risulti essere imprevedibile; una pericolosa, ma coinvolgente ed emozionante camminata su uno strapiombo, con gli occhi fissi sui demoni che ci attendono, affamati, sul fondo; demoni resi spavaldi sia dalle nostre stesse paure, che dall’enorme carico di incombenze, appuntamenti, obblighi, doveri e divieti che la società dell’informazione pone sulle nostre spalle stanche e ricurve.
La band americana non fa sconti a nessuno, neppure a sé stessa: le atmosfere sono crude e minacciose, in perfetta simbiosi con ciò che, in fondo, sono le nostre stesse esistenze, costantemente messe a dura prova da miti, modelli e riferimenti che ci dettano ed impongono bisogni, necessità, esigenze e stili di vita che non hanno assolutamente nulla a che fare con la nostra soddisfazione, il nostro appagamento e la nostra felicità, ma sono, semplicemente, un modo subdolo per tenerci continuamente in ansia, stretti dalla ferrea morsa nella precarietà, dei debiti, delle banche e dell’incertezza riguardo il nostro futuro e quello di coloro che ci stanno a cuore. Da ciò emergono riff viscerali e spigolosi, trame post-hardcore e noise-rock estremamente dinamiche, quasi al limite della frenesia, in un connubio di scariche elettriche, di rumorosi feedback e di bassi profondi ed irregolari che trovano, magicamente, una propria strada da seguire nel caos strumentale e nel disordine emotivo che va via, via crescendo dentro e fuori di noi.
Riusciremo a uscirne vivi? Ce lo auguriamo, ma brani come l’iniziale “6 Degrees From Phrenology”, “Paper Cuts” e “Old Sparky” assumono le sembianze di un campo di battaglia per chitarre, mentre il profumo inquieto ed amaro della rabbia aleggia indisturbato nell’aria; ne respiriamo a pieni polmoni, in attesa che una nuova isola emerga da questo torbido e oscuro oceano di intrecci mathcore, in bilico tra punk-rock e rumorismo, tra suoni di matrice industriale e la vibrante e romantica atmosfera che circonda le esibizioni di leggendarie band degli anni Novanta, su tutte i Sonic Youth, The Jesus Lizard ed i Converge: un’ottima, straordinaria ed interessante compagnia, giusto?
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