Le sonorità energiche, robuste e metalliche degli Imonolith, la loro cruda e dolente rappresentazione del nostro mondo post-pandemico, trovano uno sfogo inatteso, ma accattivante, nella rielaborazione del celebre brano di Bjork: “Army Of Me”. Anche perché il testo dell’artista islandese, il suo continuo richiamo a prendersi cura di sé, a non lasciarsi travolgere dagli eventi esterni – per quanto essi possano essere difficili e dolorosi – sembra calzare a pennello con la situazione attuale: stati e governi che brancolano ancora nel buio più profondo; le persone che continuano a mostrarsi impaurite, perse e diffidenti; la cattiva politica che utilizza il clima generale d’insicurezza per risvegliare gli antichi mostri del passato, mostri fatti di odio e di violenza, di rabbia e di razzismo, mostri che credevamo di aver sconfitto per sempre e che, invece, incuranti della lezione impartita dalla storia, sono ancora qui, pronti a riversare il loro Male sul mondo; ed intanto i più deboli, i più poveri, i più emarginati, i più umili, i più soli, continuano a soffrire e morire in silenzio, nel disinteresse generale di coloro che hanno già tanto e continuano a volere sempre di più.
Di quanti eserciti di me avremo bisogno per invertire la rotta? Gli Imonolith lo chiedono a noi, ma anche a sé stessi, mentre le trame massicce del brano ci svelano cosa si nasconde dietro quell’ipocrita velo che, solitamente, ci copre gli occhi. La loro rabbia e la loro bruciante energia si trasformano, almeno per la durata della canzone e del video, in una cura, in una rinascita, in una via di fuga da questo clima d’impotenza e d’angoscia che ci fa scordare ogni nostro diritto e ci rende, tutti, sudditi privi d’empatia, incapaci di risvegliare quell’esercito di passioni, di sentimenti, di emozioni che dorme nei meandri più oscuri e remoti del nostro inconscio.
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