“Flat Earth Rider” e “Space Buddha” giungono come un improvviso tornado, un evento brutale e distruttivo che ti porta via dal tuo mondo, dalla tua tranquilla e spesso mortifera e piatta routine, per condurti in una terra sconosciuta ed inesplorata: un luogo magico come Oz; assurdo come una Terra a forma di disco; pericoloso come un inferno popolato da passioni dimenticate, promesse tradite e bugie che diventano così solide e convincenti da trasformarsi in assiomi ed inconfutabili certezze.
Intanto i riff e le ritmiche della band norvegese si fanno sempre più fluide ed accattivanti, man mano che la nuova narrazione prende corpo e le sonorità intrise di magmatico metallo, di furente stoner-rock e di morbide divagazioni di matrice psych-rock, costruiscono le strade, i ponti ed i sentieri di questo nuovo mondo: “Commie Cannibals”, “Adaption” e la vibrante “Bridges To Nowhere” costituiscono le trame sonore sulle quali la nostra immaginazione ritorna ad essere vivida e generosa di nuove idee, di percezioni e sensazioni che, oramai, presi dalle nostre vite frenetiche, omologate e colme d’ansia e paura, credevamo di non poter più ritrovare sul nostro percorso umano, affettivo, sociale, lavorativo. Ed invece no, i Suncraft danno vita ad un tripudio di aggressive e gioiose cavalcate heavy-metal intrecciate alle atmosfere riflessive e sognanti che hanno il profumo ed il sapore del rock epico e progressivo del passato.
Un passato che, però, ritorna ad essere presente, mescolandosi con ciò che, oggi, sono le nostre esistenze, con i nostri naturali bisogni che vengono puntualmente sommersi da ondate di solitudine e tecnologia, alle quali i Suncraft, forse anche in un modo un po’ ingenuo, contrappongono l’energia delle loro distorsioni elettriche, quegli echi, quei fuzz e quei feedback primordiali che continuano a vivere dentro di noi e che, una volta che riusciremo ad ascoltare nuovamente la flebile voce della nostra anima, potranno, finalmente, ritornare in superficie, esser parte attiva delle nostre scelte e trasformare questo mondo piatto nel quale ci siamo accontentati di sopravvivere e tirare avanti, nel luogo fantastico che sognavamo di costruire un tempo.
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