11 Agosto 2019, ci eravamo lasciati quel giorno, circa due anni fa, ignari di tutto quello che sarebbe accaduto. Ci siamo ritrovati ieri, siamo quelli che continuano ad emozionarsi dinanzi ad un palco, siamo quelli che fanno chilometri per un concerto, siamo quelli che, rubando le ultime immagini proiettate sul maxi-schermo, al termine dell’esibizione dei Dardust, continuano a metterci la faccia ed a pagare, in prima persona, le decisioni – spesso contraddittorie, vanagloriose e populiste – di una politica tracotante e pressapochista che si è mostrata, più volte, inadeguata nel gestire e prevenire le emergenze, ma attenta, invece, nel costruire il proprio consenso mediatico e la propria retorica mainstream e soprattutto nel costruirsi i nemici da additare e criminalizzare.
Il primo appuntamento è stato quello serale, nella cornice del chiostro di San Francesco, con le trame rarefatte, cosmiche e riflessive, di Gold Mass, songwriter elettronica che continua il suo percorso artistico indipendente, condividendo quelle che sono le proprie esperienze, raccontandosi senza timore e mostrandoci il coraggio di rischiare in prima persona, perché solamente in questo modo possiamo andare oltre i nostri limitanti involucri materiali e percepire l’essenza stessa della nostra esistenza, che non è e non può essere ridotta ad un conto bancario, ad un’auto confortevole o ad un comodo divano sul quale sprecare il proprio tempo e le proprie migliori energie.
Le sonorità trip-hop di Gold Mass sono intrise di una forza invisibile, la stessa forza che esplode nell’esibizione di Camilla Sparksss, nelle sue ritmiche accattivanti, le quali aumentano via, via d’intensità e trasformano piazza Castello in un vero e proprio club underground. Peccato che le persone debbano restare ancora lontane le une dalle altre, vincolate nelle proprie sedie, ma i tumultuosi e seducenti beat techno ed electro-pop dell’artista canadese, il suo continuo richiamo ad atmosfere noise ed industriali, vincono il disagio fisico momentaneo e liberano quelle che sono le nostre emozioni e le nostre percezioni più autentiche e più veritiere, allontanandoci dall’omologante grigiore quotidiano e spronandoci ad incontrarci, a confrontarci, a non avere paura, a conoscerci meglio nel magico e immaginifico dance-floor che l’artista sta costruendo per noi. La nostra umanità scivola tra i solchi dei suoi vinili ed irrompe nella piacevole notte ai piedi delle Madonie, mentre Camilla ferma per un attimo la musica per chiederci se abbiamo delle domande, se vogliamo parlare con lei, se vogliamo iniziare ad essere più consapevoli delle nostre vite.
Consapevolezza che, però, deve venire da dentro, deve nascere nei meandri più fragili del nostro inconscio, laddove Ásgeir sa muoversi con sensibilità, dolente romanticismo e naturalezza. L’artista islandese parte piano, mostrandoci la delicatezza delle sue armonie vocali, in equlibrio tra atmosfere elettroniche e il folk glaciale della sua terra natia. Intanto la musica cresce di vigore, la sezione ritmica diviene più decisa, man mano che Ásgeir, come succede anche a noi stessi, impara ad accettare e conoscere ciò che si nasconde nei fiordi più intimi ed oscuri delle nostre anime; si viene a creare, in tal modo, un processo osmotico tra il pubblico e l’artista, tra il dentro ed il fuori, tra le coste dell’Islanda e quelle della Sicilia, tra persone, apparentemente diverse, ma che, invece, provano i medesimi dolori, le stesse necessità, gli stessi dubbi, la medesima voglia di riscattarsi e liberarsi da quella paura che ci tiene in scacco.
Ciascuno di noi può essere Guglielmo Tell e battersi per la propria libertà e per quella di coloro che ci sono attorno, Dardust mantiene la sua impostazione classica ed elegante, ma, allo stesso tempo, riesce ad amplificare i nostri sensi e spronarci a compiere un viaggio fatto di bassi sincopati e martellanti, rompendo quelli che sono gli schemi ed i modelli nei quali, spesso, restiamo invischiati. I synth vibrano di umanità, le sue trame elettroniche si riempiono di magia e di riverberi onirici e psichedelici, fino a giungere ad un devastante, massiccio e potente exploit finale: siamo finalmente liberi; liberi dalle menzogne e dalle fake news, liberi dalla politica dei peggiori, liberi da uno spietato ed alienante meccanismo che mette gli interessi economici e finanziari al primo posto, imprigionando gli esseri umani nei suoi ingranaggi di consumo, produzione e controllo. Dardust è il suono della rivalsa, l’eco di quell’eroe indomito che continua a vivere dentro di noi, a rifiutare le ingiustizie ed i compromessi, a chiederci se abbiamo qualcosa da dire, da cercare e soprattutto da rivendicare.
Ben tornato Ypsigrock.
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