I System Of A Down, forti della conoscenza del passato, avevano soprattutto un messaggio politico da voler comunicare al mondo; i KoRn guardavano soprattutto all’hip-hop ed all’elettronica e temevano che un futuro oscuro e distopico fagocitasse ogni cosa; entrambe le band, tutto sommato, si rivolgevano al futuro, tentando di migliorarlo o dandolo, semplicemente, per spacciato.
Gli Slipknot, invece, si sentivano ancorati alle frustrazioni, alle ansie ed agli incubi del proprio presente; le loro sonorità, comprensive di giradischi e di campionamenti, erano drammatiche, torbide e brutali, ma assolutamente veritiere, perché erano il frutto di ciò che avevano provato sulla loro pelle. Si trattava, dunque, di sonorità intrise di sangue e di vomito, di sudore e di merda, di notti insonni trascorse senza avere alcun posto sicuro nel quale poter tornare e chiamare “casa”. Le loro esibizioni erano una rappresentazione teatrale, perfettamente riuscita, di quell’ignobile farsa che, ancora oggi, ci ostiniamo a definire realtà, nonché della nostra politica da discount, della nostra sfrenata ed insensata brama di possesso e di controllo, di tutti quei beceri e meschini sotterfugi che continuiamo, imperterriti, ad utilizzare per accrescere ed amplificare a dismisura il nostro ego.
Ed intanto le persone più umili ed emarginate, come lo erano originariamente i nove componenti della band americana, affrontano una quotidianità fatta di lavori precari e sottopagati, di droga, di pornografia, di povertà, di alcool, d’isolamento, d’alienazione, di morte. Sentimenti negativi concentrati in un luogo geografico ben preciso: lo Iowa, il famoso stato del mais, ma, in realtà, al di là dei limitati confini fisici dello stato americano, è evidente come queste terribili esperienze possano travolgerci e distruggerci tutti, indipendentemente dalla città, dal paese, dalla nazione, dal tempo nel quale viviamo.
“Iowa” fonde elementi musicali più classici, di provenienza trash e death metal, con il nu-metal tipico della fine degli anni Novanta e con una sorta di vibrante rap iper-veloce, mentre i riff di chitarra sono taglienti ed abrasivi, le ritmiche forsennate ed estenuanti, la follia spazza via ogni argine di normalità, di buona creanza e di gentilezza e la nostra così detta civiltà dell’informazione sembra essere, da un momento all’altro, sul punto di sgretolarsi per sempre, perdere le proprie molteplici maschere e mostrarsi per ciò che essa è in realtà: “People = Shit”. Altro momento epico ed imprescindibile, sia dal punto di vista dell’album, che della crescita e dell’affermazione della poetica della band, è “The Heretic Anthem”, un brano che, dietro ai commerciali, radiofonici e mediatici richiami al tanto vituperato satanismo, nasconde, in realtà, quella che è la vera natura del potere capitalistico e delle tanto sbandierate “democrazie” occidentali, le stesse democrazie che, in questi giorni, in Afghanistan, hanno mostrato, ancora una volta, quello che è il loro vero volto e quelle che sono le loro vere priorità. Parliamo di denaro, di speculazioni, di economia, non certo di uomini e donne. Ed intanto Corey Taylor, sul baratro dell’ennesimo precipizio di odio, guerra e pazzia, resta in bilico tra la violenza e la melodia, tenendo accesa l’ultima flebile scintilla di speranza, l’ultima disperata possibilità di trasformare questo demone di puro odio sonico in un futuro completamente alternativo, sconosciuto e imprevedibile, lontano sia dalle cupe distopie care ai KoRn, che dalle politiche progressiste, intrise di Novecento, care ai System Of A Down.
Pubblicazione: 28 agosto 2001
Durata: 66:18
Dischi: 1
Tracce: 14
Genere: Heavy-Metal, Rap-Metal, Nu-Metal
Etichetta: Roadrunner
Produttore: Ross Robinson, Slipknot
Registrazione: 2001
Tracklist:
1. (515)
2. People = Shit
3. Disasterpiece
4. My Plague
5. Everything Ends
6. The Heretic Anthem
7. Gently
8. Left Behind
9. The Shape
10. I Am Hated
11. Skin Ticket
12. New Abortion
13. Metabolic
14. Iowa
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