Chissà cosa avrebbero pensato 30 anni fa, nel 1991, se gli avessimo detto che quel neonato, oggi divenuto trentenne, Spencer Elden, avrebbe chiamato in causa la più famosa band grunge, i Nirvana, per rispondere ad accuse di pedo-pornografia, per averlo fotografato sulla celebre copertina dello storico album “Nevermind”, completamente nudo, in compagnia di uno squallido dollaro, simbolo del potere del denaro, ma anche dell’influenza indiscussa che, all’epoca, l’America esercitava sul resto del mondo.
Oggi quel mondo non esiste più e persino l’America ha dovuto cedere la sua posizione privilegiata; Cina, Russia ed altri paesi, infatti, ne offuscano il bagliore. Intanto la nostra società, quella dell’opulento ed annoiato Occidente, lasciata in balia delle sue peggiori derive integraliste, buoniste e politicamente corrette – senza alcun riguardo per quelle che sono vere vittime di reati pedo-pornografici – ha stabilito che, tutto sommato, il giovane Spencer Elden dovesse avere la possibilità di giocarsi le sue carte, confidando e sperando che – alla fine – un tribunale gli riconoscesse qualche lauto e sostanzioso riconoscimento in denaro.
In fin dei conti i Nirvana non avevano affatto torto: può avere le sembianze di un dollaro, di un euro, di una sterlina o di uno yuan, ma la sua sostanza e il suo potere ammaliatore non cambiano di una virgola; anzi, in un’epoca dominata dall’apparenza, dalla tecnologia e dai social media, averne in quantità è assolutamente necessario. Dobbiamo essere sinceri: chi, a trent’anni, non avrebbe desiderato un bel gruzzoletto, diciamo almeno 150000 dollari, con i quali soddisfare il proprio ego anonimo e frustrato?
La cosa sorprendete è che tra gli imputati ci sarà anche Kurt Cobain, ritornerà dalla morte e siederà in un’aula di tribunale, in California, accanto alla vedova Courtney Love, ai discografici e ai componenti della sua band.
Notizia certamente più interessante è che il fotografo della foto incriminata, Kirk Weddle, oltre a dirsi contrariato per il fatto, ha ritenuto fosse giunto il momento di pubblicare un libro fotografico – “Nirvana: Nevermind The Photos” – nel quale raccogliere, dopo 30 anni, le immagini della band impegnata in un progetto che poi, in realtà, non prese mai piede, ovvero ritrarre anche Kurt e soci nella celebre piscina allo scopo di ottenere altre foto promozionali per l’album.
La cosa finì male, un po’ per il loro stile di vita che non si sposava alla perfezione con bagni e servizi fotografici in piscina, nel bel mezzo dell’autunno ed un po’ per la loro naturale e spontanea opposizione a tutto ciò fosse eccessivamente mediatico e commerciale. Fatto sta che guardare queste immagini, oggi, suscita in noi sentimenti contrastanti: c’è il dolore per la fine improvvisa e innaturale di un uomo ed un artista; la nostalgia per un’epoca che sentiamo essere più innocente e spensierata; la tristezza per non aver potuto realizzare tutti i propri sogni, ma anche la consapevolezza per tutto ciò che siamo riusciti a costruire. Sentimenti positivi e negativi che ci definiscono e ci rendono umani, sicuramente preferibili a quella che è semplicemente una rapina, ipocritamente nascosta dietro una lunga crisi esistenziale causata da un terribile atto di violenza di natura pedo-pornografica.
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