I Whispering Sons, band belga che mescola sonorità di matrice cupa e decadente con ritmiche post-punk ipnotiche e trepidanti, sono una porta spalancata sui nostri nervi tesi, sui paesaggi malati e catastrofici che caratterizzano il nostro mondo, sulle molteplici e distruttive dipendenze che assumono il controllo delle nostre esistenze.
Dipendenze, di cui siamo più o meno consapevoli, più o meno responsabili, più o meno complici, che assumono la profondità scarna delle linee di basso, il respiro disumano ed obliquo dei sintetizzatori, ai quali si sovrappone e si contrappone il tagliente respiro delle chitarre, mentre trame lisergiche, malinconiche e surreali avvolgono gli ascoltatori. Le parole di Fenne Kuppens scavano nel buio fitto delle nostre anime: per qualcuno si tratta di una fuga disperata, per altri di una salutare e rigeneratrice condanna, per altri ancora di un prezioso rifugio, un rifugio nel quale poter assaporare la dolcezza della fine, il riposante tocco della sua mano glaciale.
“Several Others” è un album vivo dal punto di vista emotivo e sentimentale, anche se ogni singola emozione riverbera di disordine, di ansie ed ossessioni post-industriali, ossia degli incubi ad occhi aperti di un mondo ed una società che sembrano essersi incamminate verso la propria auto-distruzione, in un sensuale, coinvolgente e vivido tumulto di atmosfere gotiche e di narrazioni mistiche che, più che ricercare l’alito di Dio, si prefiggono di riscoprire e di riportare in superficie quell’umanità che, spesso, abbiamo preferito mettere da parte, scegliendo di seguire la finta e menzognera perfezione di una realtà basata solamente sul consumo, sul possesso, sull’apparenza e su una bellezza artificiale estremamente fugace e passeggera.
Che i Whistering Sons vogliano fornirci un’ultima speranza? Un’ultima possibilità di salvezza e di redenzione prima che il tocco caotico e mortale dell’apocalissi, che noi stessi abbiamo evocato e amplificato, faccia il suo corso definitivo?
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