Il vagito astrale del duo Alice Tambourine Lover emerge dalle opprimenti profondità degli strani giorni che stiamo vivendo e assume la forma e il corpo di due suadenti ballate d’ispirazione cosmica, nelle quali le melodie sono dolci e dolenti, mentre le parole – per la prima volta cantate in italiano, ma senza perdere la cruda, passionale e blueseggiante spiritualità delle trame psych-rock di riferimento – ammorbidiscono le buie, fredde e struggenti atmosfere progressive dalle quali germogliano queste canzoni.
C’è qualcosa di lucente e di rassicurante in questa musica qualcosa che aleggia, benevolmente, nelle immensità sconosciute dello spazio; ma ci sono anche pericoli e minacce perennemente in agguato, pronte a sfruttare ogni nostra debolezza e a portarci via i più preziosi doni che abbiamo ricevuto: il tempo; il libero arbitrio; la forza di volontà; il volo di un gabbiano; il ghiaccio che brucia sulla pelle; la capacità di porsi sempre nuove domande e trasformare, di conseguenza, i propri dubbi e le proprie insicurezze in nuove e stimolanti opportunità di crescita, andando ad ampliare un bagaglio di conoscenze che è certamente individuale e personale, ma che deve divenire anche condiviso e collettivo.
I due artisti bolognesi restano nel solco caldo e familiare delle loro sonorità emotive, ma, allo stesso tempo, si rivolgono all’esplorazione di nuovi spazi sensoriali, magici e visionari e lo fanno sia immergendosi in strati sonori più inquieti e tormentati, che in strati sonori più morbidi ed armonici di matrice indie-rock. L’obiettivo finale è quello di coniugare il naturale bisogno di evasione e di ricerca insito nell’animo umano, con la costruttiva necessità di trasmettere agli altri quelli che sono i risultati reali di questo cammino catartico di crescita umana, professionale e artistica: un’idea, una canzone, un testo, un progetto che possa far comprendere a coloro che lo assaporano qual è stato l’approccio di riferimento in termini di sogni, di sentimenti, di radici, di rinunce.
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