“The Hidden Forest” è una finestra spalancata su una foresta, la puoi aprire ovunque tu sia, persino nelle metropoli più caotiche, affollate e rumorose, nelle loro grigie periferie d’acciaio e di cemento; tra le auto ammassate, a milioni, in coda, lungo quelle arterie d’asfalto sulle quali sacrifichiamo il nostro prezioso tempo ad una affamata e rabbiosa divinità scolpita negli uffici e nei grattacieli, nei parcheggi sotterranei e nei centri commerciali, nei negozi e nelle banche, nelle metropolitane e negli enormi quartieri-dormitorio che cingono d’assedio il cuore delle nostre città.
Eppure anche lì, sintonizzandosi sulle sonorità post-rock, ambient e cinematiche degli Anoice, è possibile ascoltare la voce di un ruscello, le storie trasportate dal vento, la presenza viva e pulsante di quelle forze oscure, selvagge e misteriose che pervadono l’intero Creato, regolando il flusso delle stagioni e consentendo alla vita stessa di rinnovarsi attraverso il necessario passaggio della morte. Queste diciassette canzoni sono, in pratica, un’unica suite, un inno mistico al seme che germoglia dall’umida oscurità del terreno, alla fine che diventa nuovamente inizio, mentre queste diverse ed accattivanti sfumature strumentali prendono forma su una tela che è una intera foresta, con tutte le creature che in essa trovano sostentamento, protezione e riparo. E’ in questo equilibrio cosmico di luce e di buio, di spirito e di materia, di eterno e passeggero, che possiamo ascoltare la vera voce di Dio, liberando così il nostro cuore dalle ansie, dalle incomprensioni, dagli affanni e dalle inutili preoccupazioni che, spesso, caratterizzano le nostre frenetiche esistenze e possiamo rimettere le persone, i loro sogni, le loro necessità e la loro umanità al centro di ogni discorso.
Intanto i vari brani si intrecciano con le immagini dipinte da Naoko Okada, si rafforzano, crescono di consapevolezza e spessore, diventano il tramite per assaporano la felicità, ma anche il dolore; essi riescono ad oltrepassare le barriere della solitudine, grazie anche al sottile rumore della pioggia, al canto degli uccelli, al frinire delle cicale. Ed è così che comprendiamo che, una volta che riusciremo a ritrovare l’equilibrio primordiale che avevamo perduto, una volta che ci libereremo da ciò che è superfluo ed artificiale, noi non saremo mai più soli; nessun evento esterno, per quanto distruttivo, potrà portarci via la capacità di entrare in sintonia con il mondo circostante e con le creature che lo abitano – compresi i nostri stessi simili – con i suoi ritmi invisibili, con le sue albe e i suoi tramonti, indipendentemente da quella che è la distanza fisica che ci separa.
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