I ricordi di una ragazzina che si lasciava attrarre da quelle barriere invisibili dalle quali ci dicono, spesso, di mantenerci lontani, insinuando nella carne tenera quei dubbi, quelle paure, quelle insicurezze che segneranno, inevitabilmente, le sconfitte, le solitudini e le delusioni di domani, riverberano – seguendo una attraente linea melodica – nel primo singolo della band campana.
“Ginger” è uno specchio nel quale ti rivedi, improvvisamente, più vecchio, perché in fondo quella ragazzina potrebbe essere chiunque di noi: non importa il luogo, non conta il tempo, è soprattutto una questione di muri che si fanno sempre più alti ed invalicabili e di domande che rimangono ad aleggiare nell’aria. Un’aria che può essere quella calda ed afosa di una torrida e dolente estate in una remota provincia dell’Italia Meridionale, in un contesto che, in fondo, è perfettamente sovrapponibile a quello delle periferie dimenticate delle grandi metropoli e, più in generale, con qualsiasi dimensione sociale nella quale vogliono tenerci buoni e mansueti, gioiosamente narcotizzati dal prodotto e dal consumo di massa. In fondo ci considerano ottime risorse, prone e perfettamente allineate, le quali, da un momento all’altro – nel nome dei tanti finti e passeggeri eroi mediatici fabbricati ad arte dai social, dai talent show o dalle altre fottutissime scempiaggini che imperversano, grazie alle rete, nelle nostre incoerenti esistenze – perderanno quella che è loro schifosa, insopportabile ed assurda innocenza.
Intanto le ritmiche del brano calpestano un terreno intriso di immagini, di sonorità, di sentimenti, di nostalgie, che profumano intensamente di anni Novanta, mediando le caratteristiche trame indie-rock di quel decennio con un song-writing minimale, ma ad effetto, capace di trascendere qualsiasi limite cronologico ed invadere il nostro arido presente, rivitalizzando e dando lucentezza a ritmiche d’ispirazione emo che appaiono ancora acerbe, ma che lasciano intravedere la volontà di aprire porte che, per adesso, sono chiuse e soprattutto ben nascoste. Non ci resta, dunque, che ascoltare e sperare; non ci resta che seguire la strada de LAMECCA, magari prendendo per mano la musa-ragazzina che vive e scalpita in ciascuno di noi.
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