Le atmosfere spaziali dei Lunar Dump consentono al dentro ed al fuori, alla luce ed al buio, ai ritmi frenetici delle nostre città e a quelli più calmi e riflessivi della natura, alla dimensione pacifica dei sogni e a quella più drammatica e cruenta della nostra realtà quotidiana, di contaminarsi, di dialogare tra loro e, in un certo senso, di potenziarsi a vicenda, grazie al potere osmotico della musica.
Ed ecco, dunque, che prende forma un viaggio di quattro canzoni, figlie dell’esperienza e dell’imprevisto, che accendono stupore e curiosità negli ascoltatori, offrendo loro la possibilità di lasciarsi trasportare dai pensieri più reconditi, dalle idee più coraggiose, dai sentimenti più destabilizzanti. Intanto divampa un rogo vivo e pulsante, un intreccio di trame shoegaze, di divagazioni psichedeliche e di scintillanti riverberi sintetici, il cui obiettivo è abbattere ogni confine e spostare l’attenzione sul contenuto emozionale delle nostre scelte e delle nostre azioni, piuttosto che ridursi a venerare quell’arido e vanaglorioso involucro estetico che imprigiona e condiziona le nostre vite.
Un involucro di apparenze e di modi comuni, prodotti in serie dalla società post-industriale di cui siamo parte, che, una volta entrato in contatto con le sonorità post-rock in perenne evoluzione del duo veronese, si sgretola e si disintegra, rendendo nuovamente fertile il terreno sotto i nostri piedi e consentendo ad una nuova vita, ad una nuova visione del mondo, ad una nuova ondata elettronica, ad un nuovo e vibrante groove, di germogliare e prendere, finalmente, il sopravvento sull’immobilità, sulla staticità, sull’isolamento, che, non solo in quest’ultimo anno e mezzo, hanno infestato e reso torbido ogni rapporto sociale e lavorativo, amicale ed affettivo, facendo sì che il virus della diffidenza prendesse il sopravvento su tutto e su tutti.
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