Le sonorità di Lauren Luiz, ossia Girlhouse, sono fluide, calde e vulnerabili, ma è proprio in questa loro vulnerabilità che risiede la vera forza dell’artista americana, perché le dona consapevolezza e, allo stesso tempo, le permette di affrontare i problemi, le rotture, i cambiamenti improvvisi senza tentare di nasconderne il fardello emotivo, senza mentire a sé stessa e agli altri.
“The Girlhouse”, cronologicamente il primo EP, è un misto di trepidanti scoperte, di sonorità folkeggianti, di ariose atmosfere indie-rock, mentre, tutt’intorno, il mondo che conoscevamo sta profondamente cambiando, divenendo ancora più caotico e frenetico. Ma nonostante, in un certo senso, esso imponga una sorta di preoccupante ipoteca sui nostri sogni, la passione per tutto ciò che amiamo travalica ogni forma di incertezza o di timore nei confronti del cambiamento, consentendoci di continuare a mettere al centro del discorso lo spirito indomito che si agita in “Pretty Girl In LA”, la sua determinazione ad essere più forte, sia dei necessari compromessi, che degli inevitabili bocconi amari.
C’è nostalgia, ma contemporaneamente c’è grande curiosità. C’è la voglia di scrutare dentro di sé e in ogni angolo della nuova città, senza paura di cadere o di sporcarsi, oltrepassando ogni vecchia barriera, ogni trauma del passato, ognuna di quelle ferite che senti pulsare in “Loaded Gun”. Ferite che, però, ci insegnano che non può esistere alcuna guarigione nella fuga, ma essa è sempre nell’accettazione, nella conoscenza e persino nella capacità di perdonarsi e, se possibile, perdonare, mentre i titoli di coda di “Treading Water”, con la loro melodica tristezza, chiudono quello che potremmo considerare il primo tempo di un bel film.
Il secondo EP, chiamato semplicemente “The Second EP”, continua nel solco delle familiari trame cinematiche e introspettive, tra l’esigenza di trovare la propria strada e la romantica malinconia per tutto ciò che – nel bene e nel male – ci ha portato qui adesso, permettendoci di iniziare questo viaggio racchiuso tra “Boundary Issues” e “Eleventh Grade”. Intanto facciamo i conti con i nostri pensieri solitari, con un mare spesso tormentato di ricordi, affondando nei limiti delle precedenti relazioni affettive, nel senso di colpa, negli errori e nei torti subiti, finché non arriva “Happy Now” a destarci dal sonno e a suggerirci la nuova e sconosciuta direzione.
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