Un sound decisamente urbano quello dei Geese, con passaggi ruvidi e spigolosi che richiamano sia vibranti e allucinanti sonorità di matrice krautrock, che brusche e nevrotiche sferzate d’indole post-punk, mentre tutt’intorno si respira l’aria claustrofobica di un piccolo seminterrato di Brooklyn. E’ questo, infatti, il loro punto di partenza, uno spazio angusto nel quale le diverse coscienze musicali si mescolano con naturalezza, uno spazio nel quale le idee prendono forma improvvisa, intercettando atmosfere tipiche del rock più progressivo e riflessivo, per poi esplodere in istintivi e selvaggi cambi di ritmo, in passaggi più frenetici, brutali e rumorosi ed altri, invece, che guardano alla perfezione e alla simmetria delle complicate strutture sonore tipiche del math-rock, in una continua e accattivante ricerca di equilibrio tra razionalità ed euforia.
“Disco” è un vero e proprio viaggio sonoro nel quale il suono viene scomposto nei suoi elementi primordiali ed atomici, per poi prendere una forma ed una consistenza assolutamente diverse rispetto a quello che stavamo ascoltando all’inizio. Non ci sono riferimenti assoluti, il che da un lato può essere estraniante e poco rassicurante, ma è, senza alcun dubbio, qualcosa di interessante che stimola e risveglia la nostra curiosità, senza alcuna paura nei confronti di quei momenti che appaiono carichi d’ansia o di frustrazione. “Exploding House”, intanto, ringhia tutta la loro e la nostra confusione, quel senso di inadeguatezza che, spesso, si trasforma in un lacerante vuoto, prima che le linee di basso ci riportino verso la superficie, impedendoci di sprofondare nelle stratificazioni più torbide e artificiali dei sintetizzatori.
Ogni tempo ha il suo quantitativo di luce e di buio, di spensieratezza e di isteria, di pace e di conflitto. Non possiamo né scappare, né fingere che tutto ciò non esista e non influenzi anche le nostre piccole esistenze, per cui non ci resta che tentare di entrare in sintonia con queste matematiche emotive, i cui riflessi possono determinare la nostra felicità o il nostro sconforto, ma anche essere la materia prima con cui plasmare la musica di “Projector”, tentando di esplorare gli spazi ignoti celati tra le spirali cosmiche di “Fantasies/Survival” o semplicemente tentando di ritrovare, grazie a “Opportunity Is Knocking”, un ultimo appiglio di speranza prima che giunga questo brusco e fottuto finale.
Comments are closed.