Il quinto album della band svedese sterza verso trame più oscure e trepidanti, nelle quali i loro massicci riff doom-metal inseguono armonie oniriche e alienanti, intrise di una struggente e soffocante malinconia, quasi a voler spingere, sempre più, il nostro sguardo nelle ferite aperte dello spazio-tempo. Ricordi di epoche e luoghi decisamente più piacevoli e spensierati, che non riescono, però, a risollevarci completamente, perché siamo troppo consapevoli del nostro assurdo presente, di questo maledetto nucleo di interessi, di apparenze, di potere e di controllo, che è, ogni giorno, più vicino al punto definitivo e estremo di rottura.
“Your Time To Shine”, a tratti, in alcuni momenti, sembra volerne anticipare l’esplosione; in altri, invece, sembra intenzionato a fermarsi e trattenere il respiro, quasi a voler allontanare i cupi presagi che si addensano all’orizzonte. Il disco, di conseguenza, risulta essere abbastanza eterogeneo, concentrando in sé sonorità di matrice diversa: doom metal, ma anche divagazioni grunge e vibrazioni cosmiche intrise di noise-rock.
I Monolord sembrano, di conseguenza, un po’ meno aggressivi del solito, solamente “I’ll Be Damned” risulta essere abbastanza rabbiosa e sferzante, mentre negli altri brani si avverte, sia fisicamente, che emotivamente, la presenza inquietante di quei fantasmi di morte e devastazione che incombono sul nostro futuro, rendendolo più torbido e precario. I suoni, quindi, in brani come “The Weary” o “To Each Their Own”, si fanno più sinistri, più malevoli, più distorti, mentre la title-track propone atmosfere più ariose, appassionate e riflessive, prima che “The Siren Of Yersinia” avvolga ogni cosa di groove e coraggio, di rumore e speranza, di fuzz e fiducia, perché, in fondo, questa è la sola strada ancora percorribile.
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