Siamo un miscuglio disordinato e imprevedibile di emozioni, di idee, di misticismo e di passione, di razionalità e d’istinto: questa è la nostra grandezza e, allo stesso tempo, la nostra fragilità. Tentare, a tutti i costi, di omologarsi a modelli e schemi comportamentali unici, non potrà mai renderci felici, nonostante tutti i vantaggi materiali che possono derivare da queste piatte, opportunistiche e grigie scelte di vita.
Il garage-rock della band australiana nasce, in pratica, da questo intrinseco bisogno di purezza, di genuinità e di freschezza, le quali, in questi tempi moderni – intrisi di tecnologia, di politiche neo-liberiste e di canoni estetici assolutamente finti e virtuali – sono state, purtroppo, cancellate, rendendoci tutti cloni di una medesima creatura; una creatura caratterizzata non dalla sua umanità, ma dall’essere, contemporaneamente, produttrice e consumatrice di beni e di prodotti.
Dov’è finita, quindi, la voglia e la necessità di entrare in contatto con le persone e soprattutto con i loro cuori e con le loro anime? Dov’è finita la poesia crudele e spietata, vibrante e visionaria, compassionevole e misericordiosa di Lou Reed?
Viviamo un’epoca nella quale, molto probabilmente, la cosa che più ci manca è la normalità; normalità che cerchiamo, inutilmente, nell’evasione verso mondi irreali, artificiali e paranoici che scompaiono in un attimo, non appena stacchiamo il cavo di rete o spegniamo il modem. Ed invece la normalità che cerchiamo è tutt’intorno a noi: nei riverberi crepuscolari di “Smiwwing In A Bathful Of Ghosts”; nelle ritmiche ipnotiche e visionarie di “Infinity”; nelle spigolose e punkeggianti aritmie di “Conservative Instincts”; nelle ampie e luminose aperture di “Infinity And 90”; nell’umorismo salvifico che aleggia in tutto il disco, cercando di rubarci un sorriso, di spronarci a essere noi stessi, a ritrovare la spensieratezza e la spontaneità dei bambini, senza lasciarsi intimorire dalla pioggia acida, dai soliti sguardi ostili, dai soliti indici puntati contro di noi, dalle solite minacciose parole cariche di bile, rabbia e frustrazione, dai soliti cinici ingranaggi di potere e di successo, i quali costituiscono la droga più forte, la droga più nociva, la droga più distruttiva, la droga più mortale, con cui possiamo entrare in contatto.
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