L’incipit “Regressivo” ci apre le porte di una dimensione surreale nella quale chitarre distorte e tormentate e sonorità analogiche tentano di erodere i dislivelli emotivi tra il vero e il falso, il bene e il male, il peccato e il piacere. Si tratta di un mondo sfocato nel quale la band romana gioca con le forme e i contorni, mentre tutt’intorno a noi si materializzano fughe nel deserto, donne dai capelli rosso vivo, piccoli e rabbiosi despoti e caudilli locali, un uomo che fugge da una grave colpa e che si rende conto che ogni passo, ogni sfida, ogni trionfo, ogni sconfitta non fanno altro che condurlo, sempre più, verso l’inesorabile fine.
“Allineamento Caotico” si muove a proprio agio in questo deserto di ombre, tra promesse infrante e cristalli sgretolati, strade pericolose popolate da demoni sadici e violenti, indugi ed attese che ci consumano e corrodono da dentro, mentre questa forza oscura, lunatica e caotica ci attrae a sé, risucchiandoci in una gelida spirale di confessioni false, obliquità, scontri all’ultimo sangue e vibrazioni di matrice noise-rock che esplodono in brani quali “Retrogrado” e “Spettro”.
Intanto è difficile distinguere ciò che è reale da ciò che, invece, è solamente il frutto marcio della nostra morbosa immaginazione. Qualcosa di irreversibile e fatale ruba le nostre migliori energie, consuma i nostri migliori anni, trasformandoci, sempre più, in spettri insensibili in balia della folle e dispotica arroganza del potere. E così ci ritroviamo soli, perché ogni persona che abbiamo incontrato, ogni carezza e ogni abbraccio, ogni atto d’amore, sembrano perdere consistenza e sprofondare nel baratro dell’oblio. Le atmosfere dell’album diventano, quindi, più rarefatte, il rumore viene rielaborato in trame di matrice stoner e psichedelica, diventando il flebile e sottile filo di luce che attraversa il muro di nebbia e illusioni che ci sovrasta e tentando di guidarci fuori dall’arida landa di disperazione nella quale vagano il nostro corpo, il nostro cuore e la nostra mente.
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