“Bloodmoon I” inizia con la voce del buio, mentre un vibrante e torbido fiume di metallo fuso sconvolge e travolge la nostra intimità. Solamente l’ipnotica e suadente dolcezza di Chelsea Wolfe riesce ad arginarlo e contenerlo, in maniera tale da evitare che l’abisso di sonorità post-metal dei Converge risucchi e disintegri ogni nostro sentimento e ogni fragile barlume di umanità che ancora vive dentro di noi. Rinunciare ad essi significherebbe, infatti, impazzire e convivere, per sempre, con un opprimente e doloroso vuoto.
Vuoto che viene riempito dalle chitarre distorte, dalle ritmiche ossessive, da versi affilati come coltelli; tutto ciò ci conduce nella dimensione occulta e ancestrale di “Viscera Of Men”, abbattendo i drammatici muri di rumore che impedivano ai nostri fiori solitari di assaporare, almeno per una volta, il delicato e purificante abbraccio della luna. Una luna che Chelsea Wolfe disegna amorevole e benevola, nonostante le crepe e le ferite che si aprono nel cielo notturno dei Converge.
L’album assume tonalità epiche, visionarie ed operistiche, consapevole del fatto che nulla è assoluto e che anche in questa notte così cupa e profonda, dominata da incubi e fantasmi, dalla morte e dalla malattia, esistono luminosi ed eroici momenti di speranza e di splendore dai quali emergono la blueseggiante e rigenerante energia di “Scorpion’s Sting”, il misericordioso e caritatevole tocco di “Failure Forever”, la capacità di “Lord Of Liars” di affrontare qualsiasi delusione, qualsiasi sconfitta, qualsiasi dolore e trasformarlo in un liberatorio atto di espiazione e di rinascita. Siamo in continua evoluzione; nuove forme di linguaggio sonoro ampliano le ormai ristrette visuali dei nostri orizzonti hardcore e trasformano la loro caotica, pesante e dissonante irruenza in una oscura e leggera preghiera cosmica, la quale, intonata da questa sacerdotessa dark, fa sì che le sonorità della band americana possano inglobare elementi eterogenei di matrice gotica, lisergica, blues e folkeggiante.
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