I Mokadelic sono i portatori di una dimensione sonora senza confini e senza ostacoli che ha il grande e significativo pregio di adattarsi e tentare di comprendere i cambiamenti della nostra società, di evidenziarne i tratti più ossessivi, distruttivi e dispotici, ma anche di veicolare quelli che sono messaggi più positivi, più costruttivi e carichi di speranza per il futuro, restando il quel territorio accattivante e rarefatto, sospeso tra il sogno e la realtà, tra le armonie digitali e quelle analogiche, tra la ragione e il sentimento, laddove è sufficiente lasciare i propri pensieri e le proprie emozioni libere di muoversi tra queste trame ipnotiche e cinematiche per guardare dentro di sé, per cercare un rapporto con gli altri, per ritrovare la sintonia perduta con il mondo che ci sta attorno.
Un mondo che, purtroppo, viene costantemente violato, abusato e brutalizzato. Le sue ferite aperte si trasformano in sonorità oscure e riflessive, i cui echi e i cui riverberi avvolgono il suo organismo malato, amplificano il suo grido di dolore, evocando quel baratro definitivo a cui la band romana dona una cruda e drammatica consistenza musicale in questo nuovo album. “Apocalysm” è pervaso dall’urgenza e dal timore di essere, ormai, tutti destinati a rimanere intrappolati in un vortice di immondizia, rifiuti, veleno e dolore che travolgerà le nostre esistenze, mentre le sue sonorità elettroniche di matrice dark-ambient rendono sempre più torbido il nostro orizzonte, caricando l’aria di tensione, in attesa che, da un momento all’altro, un’ultima scintilla di vibrante post-rock inneschi quella pioggia di grandine e fuoco, misti a sangue, che darà inizio all’Apocalisse.
La tecnologia, la rete globale delle informazioni, il progresso scientifico, nonostante siano delle indubbie e fondamentali conquiste del genere umano, hanno rafforzato l’idea che l’essere umano sia destinato a controllare la natura, che possa fare e disfare a proprio piacimento, alterando quegli equilibri e quei meccanismi invisibili che, da sempre, regolano la vita di questo pianeta. Una visione che, indubbiamente, è egoistica e pericolosa, oltre che essere eccessivamente materialista, riducendo ogni aspetto della nostra umanità ad una inesorabile e insensata lotta per il controllo e lo sfruttamento delle risorse e delle ricchezze della Terra.
I più ricchi, i più forti, i più potenti pensano forse che potranno sottrarsi al declino, pensano che potranno rifugiarsi nel loro minuscolo paradiso terrestre, protetti dalle loro leggi, dai loro regolamenti, dalle loro armi, dai loro muri, dai loro cancelli, dalle loro telecamere, dalla loro burocrazia, dalla loro tecnologia, ma, in realtà, nulla impedirà al suono delle sette fatali trombe dell’Apocalisse di raggiungerli anche nei loro comodi salotti, nei loro attici, nelle loro ville. Occorre, quindi, ricostruire una società diversa basata sulla vera solidarietà e non sull’assistenzialismo, su modelli di sviluppo eco-sostenibili a livello globale, rendendo più semplice accedere alle risorse necessarie a implementarli e renderli operativi, rimettendo al centro del discorso non l’uomo, bensì il rapporto tra l’uomo e la natura.
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