Il secondo volume di una trilogia che è iniziata, sempre in questo 2021, con il precedente “The Burden Of Restless”, prende le distanze dalle ansie e dalle frustrazioni materiali che ossessionavano quell’album e si lascia, definitivamente, alle spalle la caverna platonica nel quale è stato generato. Esso, però, è ancora pervaso dalla oscurità di quel grembo materno, proprio come i prigionieri protagonisti dell’antico mito del filosofo greco; nonostante i suoi sensi possano riabbracciare il luminoso splendore del Sole, la sua essenza più intima resta ancora in balia della dolente corrente del fiume Acheronte.
Da un lato, infatti, le ombre e gli spettri del recente fatale passato, con il loro pesante fardello di negatività, continuano a spingerci verso il fondo, isolandoci nel nostro silenzioso dolore; dall’altro lato, invece, le trame psichedeliche e spaziali del disco ci invitano ad alzare il capo, a lasciare che gli occhi del cuore e della mente – per troppo tempo confinati nel buio di una grotta – possano riabituarsi alla luce, in modo da intraprendere un fondamentale viaggio di consapevolezza e di conoscenza di quello che è il nostro mondo.
Un mondo che, spesso, non conosciamo affatto, accontentandoci delle verità distorte e delle vere e proprie bugie che vengono messe colpevolmente in giro, soprattutto tramite il web e tutti gli altri media, con l’intento di renderci più ciechi, più soli, più schivi e quindi più controllabili.
Il fiume infernale si trasforma, quindi, man, mano che ci lasciamo trasportare dai riverberi, dagli echi, dalle distorsioni, dai fuzz, dal groove e dalle vibrazioni ipnotiche dell’album, in un flusso emozionale capace di risvegliare la nostra razionalità sopita, di riaffermare il nostro senso critico e soprattutto di riuscire a porci delle domande che ci spronano a muoverci, a cercare, a chiedere, a riflettere, ad avvicinarci agli altri, tentando di carpire quelle conoscenze e quelle risposte che per i prigionieri, da sempre chiusi in un’oscura caverna, erano un pericolo ed una minaccia: i fantasmi di tutto ciò che avevano sempre ignorato e rifiutato.
I King Buffalo evocano, con le loro cosmiche e catartiche divagazioni sonore, un Caronte completamente nuovo e diverso da quello che conosciamo: non si tratta più di un essere spregevole, violento e brutale, inviato per incutere paura e per condurre le anime verso un oblio di eterno sconforto e dannazione, bensì abbiamo dinanzi un “daimon”, un tramite tra la dimensione reale e quella spirituale, traghettatore verso una ritrovata fiducia nella luminosa fonte della verità.
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