L’essenziale, cioè lo stretto necessario alla nostra sopravvivenza, ed il superfluo, cioè ciò che rende la nostra vita unica e degna d’essere vissuta, plasmano questi due album, rilasciati, all’epoca, a soli otto mesi di distanza l’uno dall’altro. “Kid A” rappresenta l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo e tutto ciò di cui il nostro corpo e la nostra mente hanno bisogno per sostenersi e non ammalarsi, mentre “Amnesiac” è l’insieme di tutti quegli stati emotivi che ci donano piacere, gioia, serenità e sicurezza. Il secondo disco tiene conto e in un certo senso subisce, ovviamente, il lavoro e le scelte compiute sul primo disco, ma poi il cordone materno che lo alimenta viene, inevitabilmente, spezzato e i due album assumono ciascuno la propria specifica identità, esprimendo un diverso modo di rapportarsi con l’ambiente esterno, con la gioia ed il dolore, la compagnia e la solitudine, il rumore ed il silenzio, la luce ed il buio.
“OK Computer” aveva, letteralmente, travolto ogni certezza del passato, lasciando la band completamente isolata in una dimensione affascinante e catatonica, nella quale persino gli dei si sentono soli, indifesi, stanchi e incapaci di avvicinarsi e sostenere la bellezza di quel mondo che essi stessi hanno contribuito a plasmare. Ansie e fobie, noia e depressione, erano qualcosa di solido, qualcosa che potevi toccare con le tue mani, che potevi sentire premere sul tuo petto, per cui – nonostante non fosse ancora chiaro che strada prendere – l’unica certezza era quella di prendere le distanze da quel rock fatto di chitarre, sradicarlo dalla propria intimità e lasciarsi risucchiare da trame e sonorità oblique, piene di ombre, angoli nascosti e sfumature, abbracciando le astrazioni elettroniche, la tavolozza cromatica del free jazz, le divagazioni spaziali di matrice krautrock.
“Kid A Mnesia” è una finestra aperta su quei giorni inquieti, arricchita da un terzo disco che è la testimonianza materiale di come il suono dei Radiohead stava evolvendo, una improvvisa eclissi si era trasformata in un buco nero che aveva attratto a sé gli androidi paranoici del recente passato, consentendo al nuovo millennio di esprimere la sua anima fatta di archi e tastiere, di piramidi sonore, di echi matematici, di voci sussurrate, di preghiere elettroniche in grado di esorcizzare l’incombente oscurità grazie alle loro rarefatte e minimali ninne-nanna astrali.
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