Un suono grezzo ed affascinante quello degli Strange Colours, che si sposa alla perfezione con questi nostri voraci e onnivori tempi moderni, con la loro assurda e perenne ricerca di nuovi miti e di nuovi eroi da celebrare e subito dopo sacrificare sull’altare mediatico della rete e delle sue piattaforme social. Tutto è opinabile, tutto è precario, tutto è estremamente fluido e superficiale e la stessa verità viene messa continuamente in discussione, sottomessa, alterata e piegata in base a quelle che sono le finalità del meccanismo di potere dominante, delle sue leggi di mercato, dei suoi processi di produzione, della sua folle brama di ricchezze e di controllo che sta portando, sempre più, questo sfortunato pianeta verso il definitivo punto di rottura e di non ritorno.
Cosa verrà dopo? Possiamo sperare ancora in un futuro diverso? Oppure il nostro futuro è ormai davvero finito e non ci resta che sprofondare in questo eterno e sconsolato presente?
Le sonorità garage-rock di “Future’s Amost Over” danno consistenza sonora a queste domande: la nostra inquietudine si trasforma nelle trame d’organo che impreziosiscono “The Phantom”, mentre la dolente malinconia di “Valley Of No Return” ci apre le porte di un mondo elettrico, ostile, selvaggio e rumoroso nel quale l’oscurità feroce della notte è spezzata dai bagliori e dalle divagazioni noise-rock di “Patrol”, mentre il profumo di anni Novanta che pervade “The Setting Sun”, rende improvvisamente calda e rassicurante l’aria.
Chissà se un altro mondo sarà davvero possibile, chissà se ne faremo parte o se saremo solamente pallidi fantasmi imprigionati in un altro luogo, in un altro sogno, tra le linee nere e blue di un altro tempo.
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