Il nostro pianeta, senza le limitanti e spesso irrazionali barriere edificate dagli esseri umani, offre percorsi eterogenei, affinché ciascuno possa esprimere, liberamente, la propria sensibilità. Sensibilità diverse, alle quali, in un percorso altrettanto catartico e naturale, Claire Rousay offre un corpo sonoro pervaso da trame elettroniche e ambientali che, intrecciando elementi di matrice differente, dal jazz alla sperimentazione rumoristica, dalla musica d’avanguardia al pop sintetico, ha come unico obiettivo una bellezza ultraterrena, veritiera e svincolata dagli affanni e dai patemi che caratterizzano le nostre caotiche esistenze urbane.
Ticchettii, gorgheggi, telefoni, registratori di cassa, macchine da scrivere, passi, questi sono i rumori che possono bloccare la malsana deriva, artificiale e disordinata, che prendono, purtroppo, le nostre giornate. Rumori che richiamano percezioni e ricordi, che suscitano profumi e sapori capaci di rallentare il flusso invincibile del tempo e di evocare quella sana e positiva malinconia che ci da la forza necessaria a non lasciarci travolgere dagli eventi mediatici e virtuali, ma che ci aiuta a recuperare la gioia di un tocco, di una parola, di un contatto, di una semplice passeggiata, di qualsiasi cosa possa essere condivisa e convissuta.
Claire Rousay, nei suoi sei brani, salva dagli spietati e violenti ingranaggi della modernità, tutta una serie di sfumature e di vibrazioni sonore che, altrimenti, andrebbero perse per sempre. Ma esse, invece, sono fondamentali perché rappresentano, spesso, la fragile voce del nostro inconscio, la materia prima di cui sono fatti i nostri stessi sogni; sogni senza i quali resteremmo intrappolati nella cacofonia assoluta di questo brutale presente, perdendo la possibilità di immaginare, di costruire e di fantasticare. Sono, infatti, proprio queste semplici “visioni acustiche” a colorare le nostre riflessioni e permettere alle nostre idee di trasformarsi in scintille di vivido splendore e illuminare la gelida notte nella quale, a volte, ci sentiamo soli, abbandonati e perduti.
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