Panorami cinematografici ambigui e sfocati che evocano ambientazioni psichedeliche del lontano passato, in un alternarsi di momenti di luce e di buio che si susseguono, con naturalezza, tra le ombre inquietanti dei sintetizzatori e le lucenti armonie dream-pop che li hanno resi celebri: è l’ottavo album in studio dei Beach House.
Un album immaginifico che, con tocco ipnotico, suscita tutta una serie di visioni nella nostra mente intrappolata in un dormiveglia lunare nel quale, ad ogni ascolto, la storia si arricchisce di nuovi particolari, di ricordi improvvisi, di frammenti abbaglianti, di oscure gemme di rara bellezza. Una narrazione che scorre in maniera fluida e che diventa sempre più personale, oscillando tra passaggi più eterei e altri, invece, che assumono corpo e consistenza materiale, come se i quattro capitoli che costituiscono questo disco, con le loro perfette divagazioni orchestrali, entrassero nel nostro inconscio e si arricchissero delle esperienze, delle percezioni, delle memorie di ciascuno di noi.
Tutto ciò ci rende più dolce la perdita che, come un coltello tagliente e affilato, irrompe tra i nostri pensieri e le nostre emozioni, facendoci smarrire in un mondo parallelo nel quale è tutto così incerto e sfumato che persino il tempo e lo spazio non sono dei riferimenti certi e concreti, ma cambiano continuamente, come cambia il vento. A volte ci parla, rammentandoci, col suo tocco gelido e mortale, tutte le nostre omissioni e tutti i nostri errori; altre volte esso ci avvolge come un sudario opprimente e silenzioso. In questa dimensione solitaria e futurista, i riverberi delle chitarre diventano la traccia sottile che dobbiamo seguire, mentre una tempesta elettronica sfoga tutta la sua rabbia e tutte le sue frustrazioni e noi non possiamo fare altro che cercare la pietra alla quale aggrapparci e dalla quale iniziare a ricostruire il nostro mondo, liberandolo da tutti i “se”, tutti i “forse”, tutti i “sempre “, tutti i “mai” e riportandolo, finalmente, al presente. Perché il presente, per quanto possa apparirci contraddittorio o amaro, è, in fondo, l’unico tempo sul quale possiamo agire concretamente, l’unico tempo che possiamo davvero cambiare, l’unico tempo che possiamo davvero rendere migliore.
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