Svanire nel nulla, per poi ritornare e scoprire di aver vissuto un’altra vita, di avere altri ricordi, di vivere in un corpo che è cresciuto e cambiato, non più adolescente, ma ormai adulto. Cos’è la fine? Da quando gli esseri umani hanno acquisito consapevolezza di sé, il loro immaginario, sia individuale, che collettivo, ha prodotto una vasta quantità di narrazioni soprannaturali, fantasiose, filosofiche, scientifiche e religiose incentrate sulla morte e sulla sua inevitabilità. Ed anche l’arte, nelle sue molteplici ed accattivanti rappresentazioni sensoriali, ha cercato, ovviamente, di dare un senso al vuoto, di indagare su quell’infinito, senza inizio e senza fine, dal quale emergono i nostri dubbi e le nostre domande, ma anche la necessità di non sprecare il nostro tempo e di coltivare quelle che sono le nostre passioni ed i nostri sogni.
La tragedia della perdita si tramuta nella improvvisa gioia dell’incontro, senza che né l’una, né l’altra, possano essere accompagnate da una spiegazione razionale, mentre le leggi misteriose e imperscrutabili dell’universo continuano, silenziose, a governare il Creato, compresi quegli esseri umani che, spesso, un po’ ingenuamente, pensano di poterle piegare a quelle che sono le proprie necessità materiali.
I Marlene Kuntz si aprono, dunque, al cosmo e ai suoi segreti, allo spazio-tempo in continua espansione, senza alcun limite corporeo, tentando di trovare una sintonia con le sue fluttuazioni, con le sue galassie ed i suoi buchi neri, ma anche con ciò che possiamo percepire qui, sulla Terra, attraverso il rincorrersi delle stagioni, la voce del vento, la forza delle tempeste, la volontà delle maree, in un cerchio eterno di morte e di rinascita che ci rammenta, se c’è ne fosse ancora il bisogno, che nulla si crea, nulla si distrugge, ma ogni cosa cambia, evolve e si trasforma. Ed è così che il mondo sonoro della band italiana si adatta al respiro del film, inglobando in sé immagini e prospettive, con l’obiettivo di non imporre elementi eccessivi e superflui, ma di rimanere fedele alle vibrazioni della natura, ai suoni del cielo, del mare e della terra, allontanandosi il più possibile dalla rete artificiale nella quale, sempre più spesso, le nostre vite vengono invischiate.
“Io Sono Vera”, nella sua rappresentazione sonora e visuale, è una fuga da questa ragnatela, dalle nostre cattive abitudini, dal presente materialista nel quale ristagnano le nostre esistenze; una fuga verso l’armonia assoluta della natura e dello spazio profondo, verso quello stato emotivo nel quale la nostra anima possa, finalmente, sanarsi e guarire.
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