Le piattaforme social ed il web, nel loro complesso, lasciano alla parola-contenuto sempre meno spazio, trasformandola in una mera parola-contenitore che deve essere semplice e diretta, connessa a elementi e rappresentazioni visuali appetibili e facilmente intercettabili dalle masse assuefatte di web-spettatori, senza alcuna pretesa concettuale, spirituale, filosofica e ancor meno ampliativa dal punto di vista della conoscenza dei fatti e delle diverse prospettive.
In tutto ciò la musica diviene una cornice effimera, il contorno momentaneo di un fotogramma che, a breve, scomparirà nel nulla, senza alcun effetto trascendentale sulla vita reale delle persone. In fondo agli utenti, quelli che un tempo sarebbero stati chiamati lettori o ascoltatori, non interessa comprendere i tempi che attraversano, sono più interessati ai “meme”, agli errori, alle cadute, a tutto ciò che è frontale, abominevole, volgare, bestiale, goliardico, eccessivo, mediaticamente ridicolo o violento, senza alcuna attenzione per le verità nascoste, per le emozioni più profonde, per le idee, a volte estremamente pericolose, che si celano dietro le narrazioni virtuali dalle quali ci sentiamo attratti e, senza rendercene conto, plasmati.
Controllo sociale.
Oggi è una definizione iper-abusata, un’ottima conclusione per qualsiasi articolo, si parli di musica, di mass-media o di politica, non importa. È uno slogan estremamente affascinante e quindi va bene utilizzarlo, anche se rimane lì, in sospeso nel vuoto, appena accennato, limitandosi ad invocare un risveglio collettivo delle coscienze e dello spirito critico delle persone che, sappiamo benissimo, non ci sarà mai. Assistiamo, infatti, quotidianamente, a disastri ambientali immani; abbiamo affrontato una pandemia; ora stiamo assistendo ad una guerra assurda; eppure non ci smuoviamo di un passo dal solco tracciato dalle medesime caste politico-economico-finanziarie che sono la causa principale e determinante dei problemi che esse stesse, in un secondo momento, tentano di risolvere, mettendo, spesso, solamente altra benzina sul fuoco.
Purtroppo, però, non abbiamo scampo, è questa la vera maledizione orwelliana del nostro presente, le persone sono, per lo più, impreparate, non approfondiscono e non si documentano, preferendo, di conseguenza, appiattirsi sulle teorie a buon mercato spacciate dai media di regime che si trasformano, magicamente, in indiscutibili certezze. È certamente una questione di coraggio, ma anche di impegno, anche di volontà; per molti, troppi, infatti, appare inutile o faticoso utilizzare il proprio tempo per leggere, per cercare, per studiare o per documentarsi, meglio attingere direttamente dal web o dalle TV, meglio affidarsi ai gruppi Whatsapp o Telegram, meglio essere dei fanatici, invasati dalla propria incrollabile fede nella patria, in Dio, nella NATO, nella Terza Roma, in Mario Draghi, nel Movimento Cinque Stelle o nel Cavaliere Oscuro, piuttosto che coltivare i propri dubbi ed esser guidati dall’amore verso la verità, verso la ragione, verso la scienza, verso l’ascolto di tutte quelle diverse e disparate opinioni che, da sempre, i vari fondamentalismi, siano essi religiosi, culturali, economici o politici, hanno tentato, in tutti i modi possibili, di zittire e di soffocare.
Abbiamo lasciato che le vere comunità, quelle reali, fossero sostituite dal loro surrogato virtuale, diventando così sempre più pigri e rinunciatari, tant’è vero che, per molti di noi, è quasi impensabile andare in una libreria o in un negozio musicale ed acquistare un libro o un album. Ci limitiamo a “leggiucchiare” qualcosa sui siti internet main-stream, piuttosto che assorbire per intero il contenuto di un libro oppure preferiamo ascoltare qualche brano che ci piace su YouTube, piuttosto che ascoltare un disco o un CD dalla prima all’ultima canzone. Così facendo togliamo sempre più risorse e spazio vitale ai nostri pensieri, nonché alle idee ed alle intuizioni che potremmo avere, anestetizzando, di conseguenza, anche i nostri sentimenti; se non pensiamo, come potremmo, infatti, emozionarci per ciò che abbiamo davanti agli occhi? A meno che queste emozioni non provengano e siano veicolate dagli schermi luminosi, perché i nostri occhi, ormai, sono perennemente bassi, impegnati a fissare il narcotizzante ed omologante scrolling di uno smartphone o un tablet.
È così che ci fottono, è così che ci stanno fottendo, in un modo semplicissimo, sfruttando semplicemente la nostra pigrizia, la nostra rassegnazione, la nostra ignoranza.
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