Che viviamo tempi di profondi cambiamenti, nei quali temibili ed orribili spettri del passato incombono, minacciosi, sulle sfide del prossimo futuro è evidente. Le immagini ed i video che, in questi giorni, irrompono nelle nostre case, ci disorientano, ci scoraggiano ed incutono ansie e paure – che pensavamo fossero sepolte, per sempre, nei libri di storia o relegate in zone marginali e remote del mondo – nella nostra opulenta, soporifera e virtuale quotidianità.
Questa lacerante e drammatica ferita, ad un passo dalle nostre ricche città, nel cuore dell’Europa, intacca, invece, tutte le nostre certezze, rendendoci, improvvisamente, più fragili, più deboli, più insicuri. Ci ritroviamo a vivere gli stessi incubi delle generazioni passate: tensione, minacce, violenza, morte, oltre che il pericolo di un imminente olocausto nucleare, ritornano, con forza e prepotenza, a scandire le nostre giornate, consapevoli che tutto quello che ci circonda e ci appartiene potrebbe disintegrarsi e scomparire in un attimo.
E se il passato si sovrappone al futuro, distorcendolo e avvelenandolo, da quel medesimo atroce abisso emergono anche le migliori sonorità synth-pop degli anni Ottanta e Novanta, le quali, intrise di una speranza che mai ha abbandonato gli uomini e le donne che lottano e resistono per imporre la propria umanità e costruire un mondo più giusto, più solidale e più pacifico, si diffondono in questo cupo e drammatico presente, come se fossero le pagine musicali di una rivista immaginaria, le cui trame, nonostante siano consapevoli di tutto il male che si abbatte sulla Terra, tentano di evidenziare e amplificare il bene che è ancora insito nel Creato.
Dobbiamo aggrapparci ad esso, non possiamo né darci per vinti, né smettere di sperare, mentre, intanto, in questi novi brani, i synth e le creature kraftwerkiane assumono una consistenza e una dolcezza tali da trasformare il loro respiro digitale in sussurri, parole, sentimenti e voci analogiche. Che si tratti del robot di “Electric Sheep”, del mercante elettronico di “Best Buy” o delle avide ombre di “Billionarire”, bisogna riprendersi il futuro, liberarlo dai tentacoli di un triste e torbido passato, seguire le ritmiche ed i bassi di “Say No!” e fare fronte comune contro le avversità, proprio come avviene con questo disco nel quale Wolfgang Flür si avvale della collaborazione di diversi amici: da Midge Ure degli Ultravox a Peter Hook dei New Order, da Claudia Brücken dei Propaganda a Carl Cox e agli U96, come se volesse ricordarci che non siamo soli, non siamo sconfitti, non siamo perduti, abbiamo la forza di dire no.
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