Ognuno dovrebbe avere il diritto di sentirsi sicuro ed amato, ognuno dovrebbe poter tornare ad un luogo che considera casa, ognuno dovrebbe poter volare via quando ne sente la necessità. “Wich Way To Happy”, con le sua trame morbide e sognanti, intrise di sonorità dream-pop, dona un alone magico alle nostre esistenze, le colloca – nel panorama più misterioso, grandioso e significativo – dell’intero universo, spingendo queste undici canzoni verso una dimensione fatta di suoni cosmici, indie-pop, intimità e melodia.
Un modo diverso di perdersi nelle profondità, piene di dubbi ed interrogativi, del cielo che ci sovrasta, mentre la dolce elettronica della band inglese assume i contorni di una musica lisergica e spaziale, senza perdere, però, il suo rassicurante e familiare tocco gentile. Quello che non conosciamo non deve, necessariamente, farci male; le trame del secondo album dei Penelope Isles sono, infatti, pervase da una fiducia sconfinata, veritiera, necessaria e profonda verso le armonie e le forze invisibili che permeano l’intero universo, compresi anche gli stessi esseri umani, nonostante essi, spesso, si accontentino di trascinarsi nelle loro fredde, anguste, tecnologiche e solitarie reclusioni, credendo – anche a causa dei modelli sociali ed economici di riferimento – che tutto ciò che è al di là delle nostre mura domestiche, delle nostre strade, dei nostri quartieri, delle nostre teorie, del nostro egoismo e delle nostre minuscole vite, sia cattivo, pericoloso, mortale.
Questo lavoro, invece, tenta di riportare colore e speranza nel cupo, umido ed ostile grigiore della diffidenza, rendendo ogni suono più vivido, più umano, più caloroso, caricandolo della amorevole e ottimistica nostalgia dei nostri ricordi più cari, nonché di tutti quei momenti – apparentemente trascurabili, come un incontro imprevisto, una bevuta goliardica, un concerto assieme, un legame che si prende le sue rivincite sul tempo – che sappiamo essere, in realtà, preziosi appigli per non darsi per vinti e per non lasciarsi condizionare e trasportare dagli eventi esterni, dalla cupidigia, dalla rabbia o dal dolore che consumano i nostri sentimenti ed indeboliscono i nostri pensieri.
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