Il nuovo album dei Placebo vira verso orizzonti più inquietanti e brutali, in modo da mettere in evidenza l’oscuro nichilismo che, dietro la faccia sorridente dei politici o quella accattivante dei media, domina la nostra epoca. Un’epoca profondamente individualista e materialista nella quale, in fondo, seguendo le scie distropiche di “Forever Chemicals” non ci importa nulla di ciò che abbiamo attorno, siamo solamente interessati a quel minuscolo micro-mondo che ha nell’IO il suo ostinato, ossessivo, orribile centro di gravità.
“Never Let Me Go” sa essere triste, ma anche euforico, mescolando sonorità di matrice gothic-rock, synth-pop e post-rock, passando dalla leggerezza ultraterrena di “Beautiful James” alla tristezza claustrofobica di “Fix Yourself” dinanzi alla quale ci sentiamo nudi, incapaci di trovare una direzione e di costruire qualcosa che possa farci sentire appagati. Come se ci sforzassimo di guardare dentro di noi, ma non trovassimo più nulla: tutto quello che cercavamo di custodire, compresi i nostri sogni e i nostri ricordi, è, ormai, stato esportato verso il mondo virtuale e distropico di “Surrounded By Spies”, un mondo nel quale siamo tutti spiati, siamo tutti in vendita, siamo tutti giudicati in base a schemi e modelli economici e sociali che, spesso, sfociano nella violenza gratuita di “Happy Birthday In The Sky”, mentre gli esseri umani sembrano procedere verso il baratro della propria auto-distruzione, come avviene in “Try Better Next Time”, quando questo pianeta ritroverà, nuovamente, la sua originaria purezza. E noi, ovviamente, non ci saremo.
Senza perdersi nella cronistoria pandemica degli ultimi tempi, anzi offrendo una lettura del presente libera dagli ultimi eventi, ma profondamente radicata, invece, nei meccanismi mentali, emotivi e comportamentali che esercitano la loro pressione e la loro influenza sulle scelte compiute da miliardi di individui, i Placebo danno vita ad un album lucido e attuale, fisico e spirituale, umano ed artificiale, in equilibrio perfetto tra le atmosfere noir di un pop enigmatico e decadente e le improvvise ed accattivanti aperture elettriche di un rock dalla vivida matrice gotica e darkeggiante.
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