Non ci sono compromessi, né tantomeno debolezze, nelle sonorità prog-metal della band svedese, ma ciò non significa assolutamente che si tratti di un lavoro chiuso, statico o insensibile a quanto avviene nel mondo reale, anzi è proprio l’esatto contrario: “Immutable” è attuale, consapevole di ogni cambiamento, di ogni deriva folle ed autoritaria, di ogni ferita sanguinante, di ogni brutale sofferenza e resta, pertanto, ostinato e immutabile nel riaffermare, con vigore ed energia, il passionale caleidoscopio umano, musicale ed emotivo proprio dei Meshuggah.
“Broken Cog” è l’incipit travolgente, la voce è rauca e graffiante, i bassi scavano nelle profondità più torbide, buie e ritmate del mito, laddove si celano gli scheletri e le ombre che si nutrono di dolore. Ma non c’è solamente questo fatale abisso metallico attorno a noi e alle nostre fragili emozioni, vi sono anche momenti più melodici, intensi e riflessivi. “They Move Below” ci apre le porte di una dimensione seducente, prima che l’oscurità piombi, nuovamente, sulle nostre scelte e sulle nostre azioni. “Black Cathedral” è un malvagio presagio di matrice black-metal, “I Am That Thirt” sfocia nelle lande della psichedelia ipnotica, mentre “God He Sees In Mirrors” irrompe, freneticamente, tra le pieghe progressive del disco, quasi a volersi connettere all’estraniante e caotico furore che, sovente, acceca le nostre menti ed i nostri cuori, spingendoci verso il male più assurdo, gratuito ed insensato.
Un male che è, appunto, anch’esso immutabile, indifferente al tempo e allo spazio, ma perennemente bramoso di rinnovare sé stesso attraverso il travaglio ed il martirio altrui.
Tutto ciò sfocia in questi tredici brani di indubbia potenza, canzoni capaci di mescolare tetri presagi distopici, ossessioni tecnologiche, spettri virtuali, micidiali tempeste di chitarre, mitragliate ritmiche, la disgregazione rabbiosa e violenta della nostra società, in un lavoro che non perde mai la forza della speranza, perché rimane sempre capace di contrapporre alla subdola, invisibile e virale malvagità che traspare da “Kaleidoscope”, la tenacia eroica e carica di fede di “Past Tense”.
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