Atmosfere cupe quelle che producono i Why Bother?, il loro è un garage-punk crudo, tagliente e distropico che si adatta, alla perfezione, al nostro assurdo e tormentato presente. Un’epoca di ritrovata speranza che doveva, finalmente, mettere il progresso scientifico e quello tecnologico a servizio del benessere comune dell’intera umanità, consentendo di costruire un mondo più pulito, più solidale, più sicuro, più pacifico e più giusto. Ed invece cos’è accaduto?
Ogni promessa è stata, purtroppo, tradita e il nuovo millennio è ancora attanagliato dagli stessi fantasmi apocalittici che avevano sconvolto il secolo precedente: Guerra, Carestia, Pestilenza e Morte continuano, in groppa ai loro cavalli colorati, a dominare il cuore e le menti degli esseri umani, spingendoli gli uni contro gli altri e quindi tutti assieme verso comportamenti, scelte, idee e sentimenti che sono scanditi solamente dalla paura, dalla diffidenza, dalla rabbia e dall’odio.
Tutto ciò produce, come effetto pratico, quella violenza iniqua, gratuita ed aberrante che vediamo, ogni giorno, sui nostri preziosi schermi digitali e verso la quale siamo sempre più abituati ed assuefatti, complici ed incapaci ad avere una reazione di vera, concreta e ferma condanna. Siamo, infatti, sempre più prigionieri delle nostre minuscole, materialiste e patetiche esistenze, delle nostre vite fatte di ansia, apatia, frustrazione, stress, negozi di liquori, medicine, droghe, dottori, vuoto e solitudine.
A volte uno sballo momentaneo, un incontro improvviso o una passione fugace sembrano trasformarsi nella luce capace di illuminare il buio dei nostri sensi di colpa e delle nostre assurde fobie, ma poi il nero, come una penitenza, torna a prendere il sopravvento. Si trattava solo di un’ultima esplosione, di una stella che terminava il suo percorso, di qualcosa che ha il sapore amaro della menzogna, della vergogna per un peccato inconfessabile, un peccato che non possiamo più espiare. Ed intanto la band americana costruisce le sue trame fatali, intrecciando, in modo dolente e piacevole, le proprie parole e le proprie percezioni, con un passato che risuona sia nelle loro canzoni originali, che nelle cover proposte, quasi a voler rimarcare il fatto che, per quanto la notte possa apparirci oscura e senza alcuna via d’uscita, vi sono creature strabilianti, come i Joy Division, che riescono a sopravvivere, per sempre, al dolore, alle delusioni, alle sconfitte e al destino, per quanto esso possa essere cattivo, spregevole o dannato.
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